di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

La questione delle nuove sanzioni nei confronti della Russia sembra parte di una strategia che si sta rivelando macchinosa e piena di incertezze. Il piano messo in atto dal mondo occidentale, ed in particolare dall’Unione europea, è in stallo. Le incertezze riguardano l’efficacia delle stesse sanzioni al fine di generare, nel concreto e nell’immediato, un raffreddamento delle ostilità. Sembra che si stia ottenendo l’effetto contrario, esasperando il conflitto. Senza, peraltro, indebolire la Russia dal punto di vista economico come ci si sarebbe aspettati, col Rublo ai massimi da due anni a questa parte, sia nei confronti dell’Euro che del Dollaro. Ma altrettante incertezze aleggiano sulla situazione economico-sociale dell’Europa senza l’energia di Mosca. Il prossimo futuro si preannuncia difficile e l’ha detto chiaro e tondo pochi giorni fa il ministro Cingolani: «Uno stop al gas russo, ora, sarebbe un serio problema per gli stoccaggi e sarebbe problematico affrontare l’inverno», al massimo si potrebbero interrompere le forniture a fine anno, dandoci il tempo di avere i necessari depositi e concludere contratti di fornitura alternativi. Stessa cosa per il petrolio, sul quale fanno molto affidamento diversi Stati europei: il famoso sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca, che porterebbe verso un graduale e parziale embargo nei confronti del petrolio russo diventerebbe operativo soltanto tra sei mesi per il greggio, a fine anno per i prodotti raffinati, per permettere all’Europa di organizzarsi. Un lasso di tempo che ovviamente sarebbe concesso di conseguenza anche allo stesso Putin. Una mossa non così tempestiva da ottenere l’effetto di fermare scontri armati e bombardamenti, ma che sembra capace di generare una nuova crisi economica nel Continente. Fatto sta che le notizie in arrivo da Mariupol e da tutta l’Ucraina continuano ad essere drammatiche, mentre l’Europa non riesce a trovare una quadra tra bisogno di energia e necessità di contrastare la Russia. Ieri l’accordo sul sesto pacchetto non c’è stato, per volontà dell’Ungheria, ma anche con altri Paesi dell’Unione fortemente preoccupati per il proprio destino: la Slovacchia, ma anche la Repubblica Ceca e la Bulgaria e, per altri versi, la Grecia. Abbiamo bisogno di risposte più chiare e capaci di infondere maggiore fiducia. La strategia per il contrasto al conflitto e per lo stop alla dipendenza da Mosca dovrebbe comprendere anche mosse concertate sull’approvvigionamento e, soprattutto, la produzione autonoma di energia nell’Unione, unico modo per avere una realistica dose di tranquillità. Al momento quello che possiamo osservare, tutto considerato, è, invece, il paradossale risultato di vedere penalizzati più i sanzionatori – quelli europei senz’altro – che i sanzionati.