Il premier Mario Draghi al Parlamento Ue affronta il tema immigrazione
di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

«La solidarietà mostrata verso i rifugiati ucraini deve poi spingerci verso una gestione davvero europea anche dei migranti che arrivano da altri contesti di guerra e sfruttamento. È necessario definire un meccanismo europeo efficace per la gestione dei flussi migratori, che superi la logica del trattato di Dublino». Così il presidente del Consiglio durante la Sessione Plenaria del Parlamento europeo, invocando anche cambiamenti in merito ai canali legali di ingresso nella Ue e di rafforzamento degli accordi di rimpatrio, prestando maggiore attenzione al Mediterraneo, «data la sua collocazione strategica come ponte verso l’Africa e il Medio Oriente». Un argomento tanto importante quanto divisivo, specie per un esecutivo di unità nazionale come quello attuale, che racchiude partiti con idee molto diverse sul tema, e che pure è stato citato da Draghi in Europa a testimonianza dell’urgenza della questione. Superare la logica del Paese di primo approdo, rivelatasi punitiva per l’Italia come per gli altri Stati del Sud del Vecchio Continente, obbligati ad essere in prima linea nell’accoglienza dei migranti provenienti da Africa e Medio Oriente, sempre più numerosi a seguito delle crisi politiche degli ultimi anni. Una gestione già complessa, resa ancora più difficile dalla pandemia, che ha di per sé provocato ripercussioni economico-sociali fortissime in Italia e non solo. Ora, poi, con la guerra in Ucraina, sono giunti in Italia più di centomila profughi in due mesi, soprattutto – stavolta – donne e bambini. Una doverosa solidarietà dimostrata dal nostro Paese e sostenuta da tutti, in modo trasversale. Un altro impegno, però, che comunque comporta un ulteriore sforzo organizzativo e finanziario, che va a sommarsi agli effetti del post-Covid, alla crisi energetica e alle sanzioni alla Russia: il nostro sistema economico sociale, per quanto solido, deve essere comunque sostenibile e non può reggere a pressioni continue. Ora che l’estate si avvicina e con essa un probabile aumento degli sbarchi, occorre trovare un sistema di gestione del fenomeno migratorio maggiormente equo e praticabile che non lasci buona parte dei problemi sulle spalle dell’Italia e degli italiani. Per ragioni pratiche relative ad oneri e costi, per la sostenibilità sociale e la sicurezza, ma anche per rendere più visibile, concreto e reciproco quel vincolo fra i Paesi dell’Unione europea tanto invocato per affrontare insieme le conseguenze del conflitto russo-ucraino. Sperando, quindi, che l’appello di Draghi non cada nel vuoto.

Norme datate

La Convenzione di Dublino risale all’ormai lontanissimo anno 1990, quando la situazione politica europea ed internazionale era completamente differente rispetto ad oggi, i flussi migratori erano limitati e tra gli Stati dell’Unione europea ancora c’erano frontiere vere e proprie. Poi sono arrivati i Regolamenti del 2003 e del 2013. È il arrivato momento di cambiare un sistema che si è rivelato inadeguato rispetto alla situazione contemporanea.