Perdita netta di almeno cinque punti percentuali nel 2021

L’impatto dell’inflazione pesa in maniera determinante sul potere d’acquisto degli stipendi. Secondo i numeri forniti dall’Istat, nel corso dell’ultimo anno, gli stipendi sono aumentati in media dello 0,8%, nulla rispetto al tasso di inflazione medio registratosi nello stesso periodo. A conti fatti, la perdita reale è superiore ai cinque punti percentuali. Un tema che è stato sollevato dai leader sindacali di Cgil, Cisl, Uil e Ugl. In particolare, il segretario generale dell’Ugl, Paolo Capone, ha più volte rimarcato la necessità di intervenire direttamente sul costo del lavoro, sia per rilanciare l’occupazione sia per assicurare la tenuta dei bilanci familiari. Il governo, sollecitato anche in occasione della discussione del Documento di economia e finanza, ha per il momento glissato, promettendo un intervento con un decreto legge che, però, ancora non ha visto la luce. Questo decreto, denominato Aiuti, dovrebbe mettere in campo risorse per venire incontro alle famiglie e alle imprese, in particolare sul versante dei costi energetici. Tornando al tema degli stipendi, lo stesso presidente di Confindustria, Bonomi, è tornato, da par sua, a sollecitare l’esecutivo, ben comprendendo come la difficoltà nel rinnovare i contratti collettivi avrà sicuramente ripercussioni sociali di rilievo. L’Ugl, a tal proposito, ha chiesto la detassazione dei rinnovi contrattuali e dei premi di produttività.