Presentato oggi a Roma il Rapporto Censis-Ugl “Tra nuove disuguaglianze e lavoro che cambia: quel che attende i lavoratori”

Da un lato le nuove opportunità legate al remote working e al digitale, dall’altro la precarietà che diventa condizione strutturale di lungo periodo. Delle vie d’uscita per l’Ugl ci sono: taglio del cuneo fiscale, partecipazione dei lavoratori agli utili d’impresa, “contratto di comunità” (di secondo livello). Ma «bisogna invertire la rotta al più presto». Ciò che è emerso dal Rapporto Censis-Ugl “Tra nuove disuguaglianze e lavoro che cambia: quel che attende i lavoratori”, presentato oggi a Roma dal Segretario Generale UGL, Paolo Capone, e dal Presidente del Censis, Giuseppe De Rita, sono le contraddizioni più evidenti del lavoro nel nostro tempo: dalle retribuzioni alle tutele fino alle disparità. Il mercato del lavoro è sempre più ostico per giovani, donne, migranti e lavoratori meno qualificati. Per il 93,3% degli occupati serve più attenzione per le condizioni dei lavoratori, mentre per il 64,9% dei giovani il lavoro è solo un mezzo per avere reddito da spendere in attività diverse. Per il 64,3% dei lavoratori (68,8% tra operai ed esecutivi) la propria retribuzione non è adeguata al costo della vita. Nel 2010-2020 le retribuzioni lorde dei lavoratori italiani sono diminuite dell’8,3% reale e peggio dell’Italia hanno fatto solo Grecia (-16,1% reale) e Spagna (-8,6% reale). I giovani fino a 29 anni guadagnano il 40% in meno dei lavoratori over 55, mentre le donne il 37% in meno dei maschi. Chi ha un contratto a tempo determinato il 32% in meno di chi è a tempo indeterminato. Chi lavora nel Mezzogiorno guadagna il 28% in meno di chi risiede nel Nord-Ovest. Il 10,4% dei lavoratori dipendenti, poi, è sottopagato, cioè può contare su una retribuzione mensile inferiore ai valori soglia di 953 euro per il full-time, di 533 euro per il part-time. Negli anni c’è stato un boom del part-time, che interessa il 19,8% dei lavoratori (era il 15,8% nel 2010). Sono in part-time involontario, cioè non desiderato, il 74,2% degli uomini (era il 59,3% nel 2010), il 61,1% delle donne (46,1% nel 2010). Lavora in remote il 52% degli occupati. Nella web economy, con la crescita del delivery tra i consumatori, oltre 570mila persone tra il 2020 ed il 2021 hanno ottenuto reddito tramite piattaforme, ad esempio consegnando beni a domicilio. La formazione è considerata essenziale dai lavoratori per fronteggiare le disparità crescenti: il 67,8% degli occupati teme nuove e più ampie disuguaglianze a causa della diversità di competenze digitali. Inoltre, l’84% dei lavoratori vuole supporto su aspetti specifici del proprio lavoro, dalle competenze alle tecnologie utilizzate. Infine, il 65,9% richiede formazione per la sicurezza informatica.