di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Come era più che prevedibile, alla fine Emmanuel Macron è stato riconfermato Presidente della Repubblica francese, catalizzando, come nella precedente tornata elettorale, il voto gli elettori di sinistra, contrari all’affermazione di un partito come Rassemblement National, ma anche quello dei cittadini più restii al cambiamento, intimoriti dalle conseguenze della vittoria di una outsider come Marine Le Pen. Una volontà di rimanere nel seminato, di non cambiare strada, rafforzata anche a causa del complesso scenario internazionale: la pandemia, la crisi energetica e poi la guerra, con il ruolo di leader fra i capi di Stato e di governo europei assunto, de facto, dallo stesso inquilino dell’Eliseo, capace di un metodo assertivo anche nel rapporto con gli altri influenti personaggi politici dello schieramento occidentale, da Biden a Johnson. Tutti elementi che hanno giocato a favore della rielezione di Macron. Eppure, mai come in questa consultazione, il peso della destra è stato così forte, mai si è andati così vicini alla vittoria, con il 41% dei voti al ballottaggio, con anche d’altra parte anche una significativa affermazione nel primo turno della sinistra-sinistra di Melenchon. Il che significa che molti, in Francia, ancora oggi chiedono trasformazioni significative dal punto di vista politico, economico e sociale – ed anche sulla questione migratoria – nonostante gli sconquassi avvenuti negli ultimi due anni, dall’apparizione del Covid in Europa fino ad oggi col conflitto in Ucraina, che hanno catalizzato l’attenzione mediatica e i timori della cittadinanza. Comunque, le istanze dei tanti che protestavano contro le decisioni di Macron, che volevano radicali cambi di rotta, i gilet gialli e non solo, esistono ancora ed anzi sono più forti che mai. Un’esigenza così sentita, di una parte così ampia della popolazione, andrebbe ascoltata e non certo ignorata o anzi, peggio, demonizzata. Macron stesso, dipinto di frequente come poco incline all’autocritica, sembrerebbe averlo compreso, dichiarando subito di voler essere il «Presidente di tutti» e poi dicendo: «nessuno sarà lasciato indietro, dovremo rispondere alla rabbia del Paese», con la volontà di intercettare almeno una parte delle richieste della consistente fetta della popolazione che non l’ha votato. Vedremo se alle parole seguiranno i fatti, se ci saranno novità specie dal punto di vista dell’inclusione sociale di quelle fasce medio-basse del popolo che si sono sentite penalizzate dalle politiche macroniane e che ora, nel post-Covid, stanno facendo anche i conti con la crisi energetica. Almeno, però, una mano tesa c’è stata, anche dopo una vittoria ottenuta alle urne. Qui da noi la sinistra, nella maggior parte dei casi, festeggia per interposta persona, inneggiando alla vittoria contro il populismo, non volendo aprire gli occhi per vedere di cosa hanno bisogno i cittadini scontenti, senza, peraltro, negli ultimi anni, aver mai conquistato uno scranno di governo, se non grazie a crisi internazionali ed accordi di palazzo.