di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Preoccupano e non poco i test di massa anti-Covid che la Cina ha avviato da oggi in 10 distretti di Pechino. L’obiettivo è una verifica diagnostica su circa 20 dei 23 milioni di residenti totali della capitale, mentre nel frattempo si sta diffondendo il timore di un lockdown rigido, come quello operativo a Shanghai, che resta il peggior focolaio della Cina. Tutto questo per 70 casi, verificatisi tra venerdì e ieri a Pechino, che per la politica “zero Covid” scelta con grande convinzione da Xi Jinping sono sufficienti per far scattare l’allarme.
Una situazione che, insieme al conflitto in Ucraina e alle attese mosse “aggressive” delle Banche Centrali occidentali per arginare l’inflazione, sta preoccupando in prima battuta i mercati: infatti le Borse di Shanghai, Shenzen e Hong Kong sono precipitate per il timore che la strategia del Governo cinese possa frenare la crescita e le catene di approvvigionamento globale. Si teme, in particolare, che l’incrociarsi di tutte queste condizioni simultanee e avverse, non risolvibili nell’immediato, possa portare ad un rallentamento globale delle economie. Se i mercati hanno i loro sistemi anche immediati di reagire alla situazione, ben diverso è il discorso per l’economia reale che ha tempi molto più lunghi.
Un eventuale lockdown duro a Pechino, città nella quale si sono già formate file lunghissime di cittadini che hanno svuotato gli scaffali dei supermercati per il timore di ritrovarsi all’improvviso intrappolati in casa, si aggiungerebbe a quello di Shanghai, città da 26 milioni di abitanti e importante polo portuale ed economico. Soltanto Shanghai rischia di mettere in crisi il sistema del trasporto delle merci tra Asia, Europa e Stati Uniti, alimentando così ulteriormente la crescita dell’inflazione. Basti sapere che, come riportato da Shipping Italy, già una settimana fa l’attività del porto ha rischiato la paralisi completa a causa della mancanza di personale. Ingente, toccando il picco di 500, è stato il numero di navi in attesa di caricare o scaricare le merci. A rischio ritardo e congestione sono tutte le catene mondiali delle forniture. Le difficoltà in Europa toccano molti dei porti principali, come Rotterdam, Amburgo e Anversa, che stanno lavorando a piena capacità e hanno difficoltà ad accogliere nuovi container, non disponendo di spazio sufficiente per stoccarli. È in atto, già da prima del lockdown di Shanghai, una rilocalizzazione delle filiere, ma dettata dall’emergenza non da una precisa strategia. Alcune produzioni potrebbero interrompersi e così anche l’attività in molti cantieri. La crescita è messa sempre più a rischio.