Il testo unificato adottato dalla commissione lavoro della Camera dei deputati come sintesi della decina di proposte di legge, presentate dai vari gruppi parlamentari, va diritto al cuore della questione. La legge 81/2017 rimanda ai soli accordi individuali fra il datore di lavoro e il dipendente il ricorso al lavoro agile, con tutta una serie di ripercussioni paradossali che finiscono per scontentare un po’ tutti, comprese le stesse aziende. Il testo unificato modifica in maniera sostanziale l’articolo 18 della legge 81/2017. Il nuovo articolo 18, quando verrà approvato, conferma il concetto di lavoro (inteso come prestazione lavorativa, nell’ambito del lavoro subordinato, effettuata su base volontaria, per fasi o cicli e con l’utilizzo di strumenti tecnologici), ma rimanda alla contrattazione collettiva la definizione di una serie di aspetti organizzativi. In particolare, spetta ai contratti collettivi disciplinare la responsabilità del datore di lavoro e dei lavoratori circa la sicurezza e il buon funzionamento degli strumenti tecnologici; la definizione dei criteri di accesso, tenendo comunque conto delle priorità indicate dalla legge (nell’ordine: lavoratrici e lavoratori nei tre anni successivi alla conclusione del congedo di maternità e di paternità; i lavoratori con figli disabili; i lavoratori con disabilità; i lavoratori che svolgono attività di caregivers); la piena equiparazione fra lavoratori in smart working e lavoratori in presenza; il diritto a fruire di ferie e permessi; il diritto alla disconnessione. Il nuovo articolo 18 prevede uno stretto collegamento fra il pari trattamento economico e normativo e l’accesso alle misure di sostegno, promozione e incentivazione del lavoro agile. Soprattutto, si ribadisce un concetto molto interessante: gli incentivi fiscali e contributivi riconosciuti in caso di accordo collettivo sulla produttività si applicano anche in caso di smart working. Un chiarimento utile per evitare interpretazioni difformi da parte dell’Agenzia delle entrate.