Il contrordine, impartito dal presidente russo Vladimir Putin, prevede l’isolamento dello stabilimento, nel tentativo di logorare la resistenza ucraina

L’esercito russo non attaccherà l’acciaieria Azovstal, l’ultima sacca di resistenza ucraina a Mariupol, dove sono asserragliati il battaglione Azov, alcuni marines ucraini e circa mille civili. Il contrordine è arrivato direttamente dal presidente russo, Vladimir Putin, che ha suggerito al ministro della Difesa, Sergei Shoigu, di limitarsi ad isolare lo stabilimento, impedendo le vie di fuga: «Non deve volare una mosca», ha ordinato. E di restare in attesa. Putin ha assicurato che la Russia garantirà «l’incolumità e un trattamento dignitoso» a chi deporrà le armi. Una promessa che potrebbe non convincere comunque gli ultimi resistenti alla resa, che ieri hanno lanciato un appello al governo ucraino, chiedendo un intervento immediato per rompere l’assedio. «Al momento non abbiamo abbastanza armi pesanti per liberare Mariupol», ha ammesso il presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, che oggi ha incontrato a Kiev il premier spagnolo Pedro Sánchez e quella danese, Mette Frederiksen, chiedendo nuovamente la fornitura di armi pesanti ai Paesi occidentali. C’è anche un’altra via, ha sottolineato Zelensky. Quella diplomatica, «ma finora la Russia non l’ha accettata». I negoziati si sono impantanati: in questo senso gran parte della responsabilità è imputabile ai massacri di Bucha, che hanno minato la fiducia degli ucraini verso la controparte. «Come si fa a negoziare con un coccodrillo quando ha la tua gamba nelle sue fauci?», ha osservato il premier britannico, Boris Johnson, in volo verso l’India per una visita di Stato, citato dal Guardian. Oggi il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha insinuato che il rallentamento delle trattative di pace è dovuto anche alla scarsa collaborazione di «alcuni membri della Nato che vogliono che il conflitto prosegua». «Vogliono che la Russia diventi più debole», ha aggiunto il ministro turco – la Turchia è stata tra i Paesi più attivi nel cercare una soluzione diplomatica –, senza specificare quali sono questi Paesi. Sul campo, la situazione rimane incerta – l’esercito russo sta bombardando pesantemente il territorio controllato dalle forze ucraine, senza però registrare significative conquiste – e drammatica: oltre alle vittime, molte delle quali civili, tanti sono i profughi e gli sfollati interni (quest’ultimi sono più di 7,7 milioni, secondo l’Onu).