IL PIL PEGGIORA
Al momento, non vi è un indicatore macroeconomico in miglioramento rispetto al 2021. Il Prodotto interno lordo, ad esempio, è dato in crescita del 2,9%, a fronte della previsione del 4,7% di settembre; peggioramento, anche se di minore entità, pure nel 2023 e nel 2024, quando mancherà complessivamente poco più di mezzo punto percentuale. Il problema di fondo, però, è che tale previsione presuppone il raggiungimento di un obiettivo che, ad oggi, appare tutt’altro che facile da conseguire, vale a dire l’attuazione del programma di investimenti e riforme previsto dal Piano nazionale di ripresa e resilienza. Le parti sociali, in questo senso, sono fortemente preoccupate per come vanno le cose.

INFLAZIONE AL LAVORO
Nel Documento di economia e finanza, il Governo fornisce una risposta ad una domanda non posta, ma che aleggia all’interno delle sedi dei sindacati confederali e delle associazioni datoriali, che presto si troveranno a doversi confrontare per il rinnovo di importanti contratti collettivi di lavoro. A marzo, l’inflazione al consumo è salita al 6,7%, un livello mai raggiunto almeno da un decennio. Nei rinnovi contrattuali, però, non si applica il tasso di inflazione, ma l’indice Ipca, depurato dai costi dell’energia importata. Il Governo non ci dice quale è questo valore, ma ci fornisce un dato, quello dell’inflazione di fondo, al netto dei prodotti energetici e alimentari freschi, che è al 2%.