Orlando insiste sul salario minimo. Intervenuto oggi a Mattino Cinque su Canale 5, ritiene che nell’agenda di questo governo il tema «debba esserci»

Il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, è convinto. Intervenendo oggi a Mattino Cinque su Canale 5, ritiene che nell’agenda di questo governo «il salario minimo debba esserci». «Noi stiamo lavorando da mesi perché si trovi un’intesa tra le parti sociali», considerando «urgente trovarla». Il ministro parte da una preoccupazione che, in primis i sindacati, hanno da sempre denunciato e cioè che «il nostro è un Paese nel quale i salari sono fermi da anni». Fatto preoccupante a fronte di una «ripartenza acuta dell’inflazione». Per Orlando, per «evitare che la guerra inasprisca le diseguaglianze che già il Covid aveva incrementato», due sono gli interventi da affrontare: «l’aspetto fiscale con la riduzione del prelievo sui redditi da lavoro» e poi c’è «anche un lavoro sulla contrattazione, dai contratti pirata, alle regole sulla rappresentanza fino al salario minimo. È dal salario minimo alla legge sulla rappresentanza, quindi sulle soluzioni, che si spezzano i fili della tela che il ministro Orlando, insieme al M5s, sta tentando di realizzare con le parti sociali. Intanto «una parte dei sindacati è contraria alla legge sulla rappresentanza» e per ammissione dello stesso Orlando, mentre sul salario minimo e sul tema più generale dei salari, Cgil, Cisl e Uil sono contrarie alla definizione di un salario minimo per legge, perché il riferimento, a loro avviso, è dato dai minimi contrattuali, che andrebbero estesi anche a chi non ha contrattazione collettiva. Più articolata la posizione del segretario generale dell’UGL, Paolo Capone, che indica il modello «della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, come prevede l’inapplicato articolo 46 della Costituzione italiana», per tutti i problemi messi sul tavolo da Orlando e che, nello specifico, sul salario minimo per legge afferma che «indebolisce la contrattazione che, è bene ricordarlo, a differenza di altri Paesi europei, in Italia copre oltre il 90% dei settori lavorativi». Quanto ai cosiddetti contratti pirata, la loro effettiva o meno congruità «potrebbe essere affidata al Cnel che passerebbe da mero gestore dell’archivio ad ente terzo di certificazione». Quando alle imprese, che hanno chiesto al governo di ridurre subito il cuneo fiscale-contributivo e di spingere la produttività, sul salario minimo il vicepresidente di Confindustria, Maurizio Stirpe, è stato tranchant: «I nostri contratti vanno ben al di sopra dei minimi previsti dalle proposte di legge».