di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

In questi giorni è apparsa sui media una notizia relativa ad un caso particolare, ma esemplificativa della situazione generale: nel bresciano, una storica fonderia, a causa del caro energia e delle bollette altissime, sta continuando a lavorare, in perdita, per mantenere la produzione ed i contratti coi propri clienti, tenendo operativo tutto l’organico, nella speranza che quella che stiamo vivendo sia una crisi momentanea e che a breve si potrà tornare, in un modo o nell’altro, ad una situazione di normalità. Nonostante aver rialzato in parte i prezzi dei propri prodotti ed nonostante anche commesse in aumento, che però hanno l’effetto paradossale di far crescere il consumo di energia e quindi, in modo esponenziale, anche le spese. «Lavoriamo in perdita perché se ci fermiamo rinunciamo ai nostri clienti, tra cui anche delle multinazionali, conquistati con fatica in anni di lavoro. Non possiamo però nascondere che la situazione è tragica». Queste le parole dell’amministratore dell’azienda, che ha anche snocciolato qualche numero, per far capire a tutti l’entità del problema: la bolletta relativa all’energia elettrica del gennaio 2021 ammontava a poco più di 50mila euro, nello stesso mese di quest’anno ad oltre 178mila, stessa cosa a febbraio e ancora di più a marzo: da 56mila a più di 225mila. Naturalmente l’idea avuta dal management di questa fonderia, quella di continuare a lavorare seppure in perdita, è tanto meritevole quanto, per forza di cose, temporanea: o la situazione si sistemerà, oppure non ci saranno altre alternative che il ridimensionamento o, addirittura, la chiusura, con tutte le conseguenze economiche, occupazionali, sociali del caso. Ed anche fiscali, perché un’azienda chiusa non paga più tasse. Questo caso singolo rappresenta concretamente il dramma che stanno vivendo le aziende italiane, in particolare quelle energivore, ma, in proporzione, tutte quante, e con esse l’intero nostro sistema. È facile comprendere come sia del tutto fuori luogo, in questo frangente, solo pensare ad un aumento ulteriore delle tasse. Pensare di mettere le mani nelle tasche degli italiani attraverso l’imposizione di nuove tasse sul patrimonio ora sarebbe una scelta incomprensibile e contraria alla logica del buon senso, che finirebbe per compromettere seriamente le prospettive di ripresa. Serve tutt’altro: una riforma del fisco coraggiosa fondata sulla semplificazione e sulla riduzione della pressione fiscale sul lavoro e un’ulteriore iniezione di liquidità nell’economia reale a sostegno dei settori in difficoltà per contrastare l’impressionante aumento dei prezzi dell’energia e la spinta inflazionistica che minaccia i consumi delle famiglie. Ci auguriamo che il Governo intraprenda con unità e responsabilità questa strada, l’unica percorribile in questa fase particolarmente complessa e delicata che il Paese sta attraversando.