Il recupero del potere d’acquisto passa dalla defiscalizzazione degli aumenti

Un tema su tutti è stato affrontato durante l’audizione di oggi sul Documento di economia e finanza. I rappresentanti di Cgil, Cisl, Uil e Ugl, Fracassi, Ganga, Proietti e Ulgiati, hanno infatti richiamato l’attenzione sulla questione salariale, alla luce dei continui rincari che, dalle materie prime all’energia, sono scivolati nella spesa di tutti i giorni. L’impatto di questi maggiori costi sta colpendo duramente le famiglie, in particolare quelle che dipendono da un reddito fisso da lavoro dipendente, sia privato che pubblico, o da pensione. In pochi mesi, il potere d’acquisto si è ridotto sensibilmente in termini reali, prima per gli effetti prolungati del Covid-19, con il ricorso agli ammortizzatori sociali, e poi per la guerra russo-ucraina. Uno scenario che i sindacati confederali osservano con estrema preoccupazione. I contratti collettivi da poco rinnovati non hanno fatto in tempo a registrare la crescita dei prezzi, mentre quelli che andranno in scadenza a breve si troveranno a dover fare i conti con regole che escludono la copertura dei prezzi energetici. Nelle prossime settimane, al più tardi entro l’anno, il 60% dei contratti collettivi sarà scaduto con un impatto enorme su tutte le categorie produttive, dall’agroalimentare all’industria, passando per il terziario e i servizi. Potrebbe aiutare la defiscalizzazione dei rinnovi, ma serve una legge dello Stato.