Il mondo unito da un unico timore. I prezzi al consumo in Germania sono saliti a marzo del 2,5%, arrivando a un +7,3% annuo, dato che sarà valutato nella riunione della Bce in calendario giovedì

Partiamo dalla Cina: il severo lockdown di Shanghai, città con 25 milioni di abitanti sostanzialmente bloccati in casa, ha acceso l’inflazione, arrivata a marzo al +1,5%. Secondo gli esperti, il fatto che i prezzi al consumo e quelli di fabbrica in Cina siano aumentati oltre le attese, riflette, insieme all’inflazione elevata importata dall’Occidente, le incertezze globali sulla guerra in Ucraina e i timori per la politica più aggressiva che la Fed potrebbe decidere a breve.
Le Borse europee stamattina hanno dato un segno meno in avvio, seguendo l’andamento di Asia e Wall Street: Milano ha perso l’1,2%, Francoforte l’1,65%, Amsterdam l’1% e Madrid l’1,27%. Parigi ha ceduto l’1,5%, effetto secondo alcuni del primo turno delle presidenziali. Sotto i riflettori, quindi, ci sono l’inflazione, sempre più preoccupante, e i suoi effetti sulle mosse delle banche centrali. Nel frattempo, i prezzi al consumo in Germania sono saliti a marzo del 2,5%, arrivando a un +7,3% annuo, dato che sarà valutato nella riunione della Bce in calendario giovedì. A proposito di Francia, poi, secondo il Wall Street Journal il ballottaggio tra il presidente uscente Emmanuel Macron e la sua sfidante Marine Le Pen si gioca proprio sul tema dell’inflazione. Secondo il quotidiano economico americano, le elezioni francesi vanno inquadrate «nella prospettiva degli aumenti dei prezzi che hanno accresciuto il malcontento degli elettori e che sono uno dei temi centrali della campagna elettorale della leader dell’estrema destra». Anche a Wall Street, comunque, non si ride: ieri seduta in deciso calo, con i rendimenti dei titoli del Tesoro che continuano a salire (il decennale ai massimi dal gennaio 2019), a causa dei nuovi timori sull’economia, visto che la Fed che potrebbe molto verosimilmente irrigidire la politica monetaria per aggredire l’inflazione. Stessa decisione potrebbe adottare la Bce, desiderosa da tempo di toccare i tassi di interesse, ma, così facendo, potrebbe contribuire ad un’ulteriore frenata della crescita economica nel Vecchio Continente. Tutti i banchieri centrali sono divisi, infatti, tra due necessità: quella di aumentare i tassi di interesse, come strumento per domare l’inflazione, e quella di non danneggiare la crescita economica, cosa che potrebbe accadere qualora si premesse troppo presto il grilletto dei tassi di interesse. Non è un caso se i primi mesi del 2022 verranno ricordati per un ritorno in grande stile di enormi flussi di capitali verso l’oro e non solo per la deflagrazione del conflitto russo-ucraino.
Tornando in Cina, il parziale allentamento delle restrizioni di Shangai, appena deciso ma solo per alcuni quartieri, ha fatto sì che i prezzi del petrolio tornassero a salire. “Grazie” alla globalizzazione il mondo è diventato un fazzoletto e l’inflazione rischia di diventare a breve il nuovo virus.