Rappresentanza e rappresentati. Secondo Romani, il sindacato confederale è baluardo in una società sempre più disgregata

Il segretario confederale della Cisl, Giulio Romani, intervenuto in rappresentanza del segretario generale della confederazione di ispirazione cattolica, si dice convinto di una cosa: «Nonostante la crisi di rappresentanza che, nel nostro Paese, ha investito in primo luogo la politica, il sindacato mantiene ancora un rapporto diretto con la propria base associativa». Una base che, secondo Romani, deve essere interpretata nel senso più ampio del termine, «in quanto il sindacato in termini numerici, ma non solo, è il soggetto di rappresentanza più stabile». Il riferimento è alla enorme volatilità che investe il consenso politico, destinato a modificarsi in tempi rapidi, soprattutto negli ultimi decenni della nostra Repubblica. Romani arriva a paragonare «il consenso elettorale ai mercati di trading». «La richiesta di sindacato – osserva Romani – è la conferma diretta di quanto ci sia bisogno di rappresentanza nel mondo del lavoro, anche se in questi anni è comunque cambiato il modello di rapporto fiduciario fra rappresentante e rappresentato». Rimane il fatto con il quale occorre confrontarsi «di una società disgregata» nella quale sono venute progressivamente meno «le relazioni, anche umane, di vicinanza». Un fenomeno che si presenta anche nel mondo del lavoro, cosa che mette a dura prova il sindacato e lo stesso sindacato nei rapporti con la politica e con gli organismi di rappresentanza datoriali. Il recupero del pensiero di Marco Biagi è quindi non solo utile, ma anche necessario.