All’Agenzia delle Entrate ben 22 anni, 130-140 milioni di cartelle, 230 milioni di crediti da riscuotere, circa 16 milioni di cittadini iscritti a ruolo

Il fisco è in questi giorni al centro del dibattito nazionale, dalla riforma fiscale, che fa fatica ad andare avanti, alla pressione delle tasse che in questo lungo periodo di crisi rischia di affossare l’intero Paese e con esso le prospettive di crescita. È, quindi, molto interessante, anche un po’ inquietante, quanto dichiarato oggi dal direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, nel corso dell’audizione presso la Commissione parlamentare per l’attuazione del federalismo fiscale. A quanto pare, l’Italia ha «un magazzino unico al mondo. In nessuna parte del mondo si sceglie di mantenere 22 anni di crediti di non riscossi. Si fanno delle scelte», afferma laconicamente Ruffini. D’altronde, «è dal 2015 che il Parlamento è informato. Un magazzino così non può essere gestito». Tentativi sono stati fatti con la rottamazione, il saldo e stralcio e altri istituti similari, «ma questo non ha portato alla sua riduzione», sostiene Ruffini. «Annualmente entrano 70 miliardi di crediti da riscuotere e ne escono meno di 10 miliardi di crediti riscossi» e, pertanto, «la bilancia pende sempre a favore di quanto entra che è sempre maggiore di quanto esce». Perché tutto questo accade? Prima di tutto, «il magazzino del non riscosso continua ad aumentare» anche perché, è meno male, nell’anno 2020-21 per la sospensione legata alla pandemia «si è determinata la sospensione della riscossione». A ciò si aggiunge il fatto che «si è arricchito del magazzino della regione Sicilia che è stato rimesso nel perimetro dell’Agenzia». Con questa nuova acquisizione «sicuramente abbiamo sfondato il detto dei 1.100 miliardi non riscossi». Ma com’è organizzata l’Agenzia delle Entrate? «L’Agenzia conta 8000 dipendenti ed è strutturata per gestire un magazzino della riscossione di tre anni». «Abbiamo – riferisce Ruffini – 130-140 milioni di cartelle, 230 milioni di crediti da riscuotere, circa 16 milioni di cittadini iscritti a ruolo. «È una montagna difficile da gestire». Eppure, sull’informatizzazione del fisco «il nostro Paese ha corso in modo molto molto veloce perché quello che oggi è il sistema fiscale inteso come servizi al contribuente, con tutti i suoi difetti, è infinitamente distante da quello che era fino a solo il 2015». Cioè «fino al 2015 nel nostro Paese non esisteva la dichiarazione dei redditi precompilata, non esisteva la tenuta dei registri contabili da parte dell’Agenzia delle entrate, non esisteva la fatturazione elettronica, non esisteva la trasmissione elettronica del corrispettivo, non esistevano le procedure automatizzate online, i pagamenti online, i sistemi di videochiamata, gli sportelli virtuali. Tutto questo è frutto di scelte dei parlamenti e dei governi che si sono succeduti e dell’implementazione svolta». In ogni caso, delle scelte vanno fatte.