IV trimestre 2021: pressione fiscale al 51,8%. In crescita di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dato più alto dal 2014. Che succederà nel 2022?

L’Istat ha rilevato che nel IV trimestre del 2021 la pressione fiscale è stata pari al 51,8%, mostrandosi così in crescita di 0,7 punti percentuali rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta del dato più alto dal 2014, quando la pressione fiscale dell’ultimo trimestre si attestò al 52,1%. Nell’intero 2021, sottolinea l’Istat, la pressione fiscale si attesta al 43,5% del Pil, in aumento di 0,7 punti percentuali rispetto al 42,8% del 2020. Nello stesso IV trimestre del 2021, quando cioè gli aumenti dei beni energetici cominciavano a farsi sentire, il reddito disponibile delle famiglie consumatrici è aumentato dell’1,3% rispetto al trimestre precedente, mentre i consumi sono cresciuti dell’1,2%. Anche la propensione al risparmio delle stesse è stata pari all’11,3%, in lieve aumento rispetto al trimestre precedente (+0,2 punti percentuali). A fronte dell’aumento del deflatore implicito dei consumi (+1,2%), è stata osservata una sostanziale stabilità del potere d’acquisto delle famiglie, cresciuto rispetto al trimestre precedente dello 0,1%.
Ma la situazione oggi è diversa: l’inflazione in Italia è salita al 6,7% nel mese di marzo, che diventa al 7% secondo l’indice armonizzato. Un boom trainato dai prodotti energetici, che su base annua sono rincarati del 52,9% dal 45,9% di febbraio. Gli stipendi, nel 2021, sono cresciuti solamente dello 0,6% ed è difficile immaginare che possano aumentare nel 2022 ad un livello tale da fronteggiare un’inflazione al 7% circa. Ecco perché il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, intervenendo alla quarta “Conferenza nazionale sull’economia circolare”, in corso oggi a Roma, ha dichiarato (non per la prima volta) che «siamo un Paese con i salari bloccati da 30 anni e se non c’è una ripresa della dinamica salariale, almeno nei settori che hanno sentito meno la crisi, avremo una reazione sociale molto pericolosa a qualunque cambiamento». Quello che il ministro del Lavoro e del Welfare vede più a rischio, in questo contesto molto difficile, è appunto la transizione ecologica, a proposito di prezzi insostenibili dei beni energetici, processo al quale diventa difficile sfuggire e soprattutto dal quale è essenziale che nessuno venga travolto. Orlando è convinto che «il tema di come si garantisce la coesione sociale nella transizione e i cambiamenti sia cruciale», «scontiamo il fatto che il tema della transizione è poco presente nella concertazione e nel dialogo sociale. Se non in termini di cerotti».