Per un’emergenza che inizia a far vedere i suoi risvolti più negativi – la guerra in Ucraina, tra caro-bollette, rialzi generali dei prezzi e le relative difficoltà economiche per famiglie e imprese –, ce n’è una che possiamo, se non proprio accantonare, almeno alleggerire: quella sanitaria. A suo modo, infatti, quella di oggi resterà una data storica, con l’uscita dell’Italia dallo stato di emergenza. «Oggi finalmente finisce lo stato di emergenza, si scioglie il Cts, basta divisioni a colori, ritorno alla capienza piena per gli stadi, taglio al super green pass. Primo importante passo per il ritorno alla normalità», è il commento su Twitter del leader della Lega, Matteo Salvini. Il green pass, però, continua ad essere motivo di attrito, soprattutto tra le file dell’opposizione: «Finisce oggi, dopo più di due anni, lo stato d’emergenza legato alla pandemia, ma il governo – scrive Giorgia Meloni, leader di Fratelli d’Italia, su Facebook – continua a imporre l’utilizzo del green pass e del super green pass in numerosi contesti. Invece di ammettere il suo conclamato fallimento, Speranza continua immotivatamente a vessare gli italiani, quasi al limite della tortura psicologica. Ora basta, il green pass non va cambiato o attenuato, va abolito. Definitivamente». Certo è che il governo ha diverse questioni da affrontare nelle prossime settimane, che vanno per l’appunto dalla progressiva sospensione delle ultime regole anti-Covid ancora in vigore (fino al 30 aprile, ad esempio, il green pass rafforzato servirà in molti luoghi come piscine, cinema o teatri, mentre da maggio non servirà più; nel frattempo resta obbligatorio l’uso della mascherina al chiuso per tutto il mese di aprile) fino alla gestione della difficile situazione economica che si è innescata con il conflitto armato tra Russia e Ucraina (in questo senso, di nuovo nelle scorse ore, era tornato a chiedere all’esecutivo di fare di più oltre i miliardi già stanziati per aiutare famiglie e imprese a pagare e rateizzare le bollette energetiche). Ed è proprio la questione ucraina ad avere agitato negli ultimi giorni la maggioranza. Sebbene ancora ieri il premier Mario Draghi minimizzava la presa di posizione del predecessore a Palazzo Chigi e leader del M5s, Giuseppe Conte, assicurando che sul dossier della spesa militare non ci fossero disaccordi tra i partiti che sostengono il governo, è chiaro – una volta di più – che qualche frizione effettivamente c’è, soprattutto tra forze politiche sulla carta alleate. «Non siamo la succursale di un’altra forza politica, non siamo succedanei di qualcuno», ha chiosato Conte in riferimento al Pd ieri durante una diretta Instagram, ribadendo di non accettare «che ogni volta che poniamo una questione politica ci si accusa di volere una crisi governo. Vogliamo il rispetto da tutte le forze politiche». Tutto questo avviene in vista anche delle amministrative di giugno, per cui il Consiglio dei ministri ha ufficializzato le date: il primo turno si terrà il 12 giugno (lo stesso giorno verranno votati anche i referendum sulla giustizia), il secondo il 26 giugno. «Anche in queste elezioni amministrative, benché ci siano delle incomprensioni a livello nazionale, ogni qual volta ci sono proposte serie, le sosteniamo, se sono proposte di centrodestra e vincenti e se sono compatibili con i nostri valori. Non siamo disposti a fare il gioco del veto contrapposto o il gioco della bandierina», la posizione di Giorgia Meloni espressa oggi a Barletta per sostenere la candidatura a sindaco di Cosimo Cannito.