La prospettiva sembra spostarsi dalla paga oraria ad un numero di ore mensili per legge

Le parole del ministro del lavoro e delle politiche sociali, Andrea Orlando, sulla precarietà e sui magri stipendi di centinaia di migliaia di lavoratori e, soprattutto, lavoratrici, aprono a scenari completamente nuovi sul versante del salario minino legale. Come noto, la sua predecessora, l’esponente cinquestelle Nunzia Catalfo, si era fatta promotrice, prima da semplice parlamentare e poi da presidente della commissione lavoro del Senato, di un disegno di legge volto ad introdurre nel nostro Paese il salario minimo legale su base oraria. Nella sua idea, tale paga base dovrebbe essere di nove euro lordi all’ora. Una proposta che, nelle intenzioni della Catalfo, dovrebbe servire a combattere il lavoro povero. L’idea, però, non ha incontrato particolari ed entusiastici apprezzamenti dalle parti sociali, tutte o quasi schierate nel rivendicare la centralità della contrattazione collettiva. L’Ugl aveva inoltre evidenziato come non è assicurando, se possibile, una paga oraria un poco più alta nella migliore delle ipotesi che si contrasta il lavoro povero, il quale dipende in larga parte delle ridotte ore di lavoro effettivo. Il ministro Orlando, pur continuando a parlare di salario minimo, appare meno netto rispetto alla collega, tanto che in molti sono arrivati ad immaginare uno stipendio minimo garantito mensilmente, anche per superare le critiche che circondano il reddito di cittadinanza.