di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

Lo scenario politico ed economico mondiale nel giro di qualche settimana è cambiato in modo drastico. La guerra in Ucraina ha rimescolato completamente le carte in tavola tanto che anche Larry Fink, presidente della BlackRock, la maggiore società di investimento a livello mondiale, nella lettera annuale agli azionisti ha dichiarato che ormai è stato sconvolto «l’ordine mondiale che esisteva dalla fine della guerra fredda, più di 30 anni fa» e che a seguito dell’invasione russa le aziende ed i governi di tutto il mondo dovranno rivalutare le loro dipendenze da altre Nazioni e rivedere le proprie strategie produttive in modo tale da mettere la parola fine al tipo di globalizzazione che abbiamo conosciuto fino ad oggi. Questa l’analisi, che abbraccia temi importanti come anche quello delle valute, comprese quelle digitali per i pagamenti globali. Il nuovo contesto potrebbe anche influenzare, anche a detta di Fink, il percorso della transizione energetica. Nel breve termine gli obiettivi ecologici diventeranno secondari mentre la spinta verso fonti alternative potrebbe nel lungo periodo far ottenere il passaggio verso un’energia più verde. In Italia, come sappiamo, l’importanza di elaborare una strategia energetica volta ad una maggiore indipendenza è stata sottovalutata per anni, ma ora non può che diventare una priorità, data la situazione. Anche perché l’impatto della guerra e del rincaro energetico è destinato ad avere pesanti ricadute su famiglie e imprese con ripercussioni occupazionali e sociali importanti che stanno mettendo in forse ogni previsione di ripresa post pandemica, come ha anche riconosciuto lo stesso premier Draghi, parlando di «speranze che si affievoliscono». E per nuove sfide servono misure nuove in grado di offrire risposte adeguate. Il Recovery plan ed il nostro Pnrr erano strumenti di stimolo per la crescita nel dopo Covid, ma ora non corrispondono più alle nuove esigenze. Tutta la materia energetica ad esempio va rivista, certamente non trascurando le problematiche ambientali, ma affrontando innanzitutto la gestione dell’emergenza, l’approvvigionamento differenziato e mettendo a punto progetti finalizzati a una maggiore indipendenza, anche ripensando a quelle scelte sul nucleare fatte in un’altra epoca, di tecnologie meno sicure e scenari internazionali differenti. E poi, nell’immediato, offrendo aiuti rapidi e concreti alle imprese ed in particolare ai settori più in difficoltà, quelli cosiddetti energivori, fra l’altro strategici. L’impressione è che gli strumenti messi in campo finora siano solo mezzi parziali e non certamente risolutivi, come furono a suo tempo i primi interventi contro la crisi Covid, che solo dopo diversi mesi furono, di fronte alla portata dello tsunami economico-sociale, sostituiti da misure più incisive. Lo stesso dovrà necessariamente avvenire adesso, a livello nazionale ed europeo.