Fipe: nel 2020-2021 45 mila cessazioni. In un rapporto la Federazione Italiana Pubblici Servizi ha rilevato che il settore ha perso quasi 200 mila dipendenti rispetto al 2019

Alquanto drammatico ciò che emerge dal rapporto Fipe (Federazione Italiana Pubblici Servizi), che ha fatto il punto sullo stato dei pubblici esercizi in Italia utilizzando le informazioni disponibili al 4 marzo 2022. Una situazione davvero allarmante e impietosa: nel biennio 2020-2021 la spesa delle famiglie nella ristorazione è diminuita di 57 miliardi, il settore ha perso quasi 200 mila dipendenti rispetto al 2019. L’idea comune è che l’anno peggiore, l’annus horribilis, sia soltanto il 2020, ma così non è stato. Il 2021, infatti, si è rivelato essere il secondo anno nel quale forte è stata la frenata della nascita di nuove imprese e la contestuale accelerazione di quelle che hanno chiuso, arrivate nel biennio 2020/2021 alla soglia di ben 45 mila cessazioni. Andando ad osservare nel dettaglio i numeri, nell’anno appena trascorso, in particolare, hanno avviato l’attività 8.942 imprese a fronte di ben circa 23.000 che l’hanno cessata, pari ad un saldo negativo di quasi 14 mila unità. Nel 2021 oltre il 71% delle imprese della ristorazione dichiara di aver registrato una contrazione del proprio fatturato rispetto al 2020, tra queste il 32% ha lamentato una diminuzione che va oltre il 20%. Nel 2021 oltre il 71% delle imprese della ristorazione dichiara di aver registrato una contrazione del proprio fatturato rispetto al 2020. Tra queste ben il 32% ha lamentato una diminuzione che va oltre il 20%. Per appena il 16% delle imprese il 2021 è stato l’anno della parziale ripartenza. Per queste imprese, il fatturato è cresciuto anche se per la maggioranza di esse di meno del 10%. Le complicazioni legate all’obbligo di green pass (48%) e il calo della domanda a seguito delle restrizioni (44,6%) sono i fattori che nel 2021 hanno maggiormente condizionato la dinamica del fatturato dei pubblici esercizi. Non va trascurato quel 30,7% di imprese che segnala i condizionamenti psicologici dovuti alla recrudescenza della pandemia che è stata particolarmente intensa proprio nella seconda parte dell’anno quando le attività hanno comunque potuto continuare a lavorare. Per questo i volumi di attività raggiunti nel 2019 siano ancora lontani; infatti, quasi l’86% delle imprese dichiara che anche nel 2021 i ricavi sono rimasti sotto i livelli pre-pandemici. Tra queste, il 75% denuncia un calo superiore al 10%. In media tra il 2021 e il 2019 si registra una riduzione del fatturato del 13%.