di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Segnali sempre più sconfortanti per l’economia, a causa del conflitto tra Russia e Ucraina. Soltanto ieri, due forti disillusioni, per chi ancora riesce a illudersi, rispetto alle prospettive di crescita per il nostro Paese. Il presidente dell’Istat, Gian Carlo Blangiardo, ha avvertito che sono andate in blocco le speranze di ripresa. La previsione di arrivare ad aprile al Pil prepandemia non sarà confermata, indicando nella misura di 0,7 punti di Pil l’impatto negativo del conflitto, con il rischio che lo stesso impatto possa aggravarsi. In merito all’inflazione ha ammesso che «come statistiche ufficiali non siamo in grado di poter dare un’indicazione rispetto a qualcosa che non è sotto controllo». Dunque «viviamo praticamente alla giornata», mentre il livello dei prezzi arriva ad essere preoccupante, soprattutto per le famiglie meno abbienti.
Le Confindustrie del Nord (Lombardia, Veneto, Piemonte ed Emilia-Romagna) hanno espresso «profonda insoddisfazione e preoccupazione» per le misure approvate dal Consiglio dei Ministri contro il caro energia. Lamentano la mancanza nel decreto della determinazione necessaria, visto che l’intero sistema industriale italiano è a rischio paralisi tra aumenti delle materie prime, difficoltà di approvvigionamento delle forniture e costo dell’energia. Indicando la necessità di misure strutturali, perché la scelta di intervenire con sconti temporanei contrasta decisamente con le previsioni di alti livelli di prezzi prolungati nel tempo sui mercati energetici. Chiedono di rendere «lineare, chiaro e trasparente» il sistema fiscale sui prodotti energetici, ponendo fine a imposte che raddoppiano il costo del carburante in quanto sommatoria di accise accumulate nei decenni, senza più alcun riferimento alla situazione attuale.
Alla luce, a dire il vero sempre più fioca, di tutto ciò e di un futuro “imprevedibile”, il paradosso è che diventa impossibile rinviare interventi strutturali nel solco, però, dell’equità e dell’alleggerimento dei carichi fiscali sul ceto medio sempre più indebolito, sui lavoratori, molti dei quali poveri, e su imprese, a rischio chiusura. Non siamo più in un “periodo difficile”, siamo entrati, probabilmente, in un nuovo ciclo economico di incertezza, più prossimo alla depressione che ad una espansione.
Se, di passi in avanti, verso una pace tra Russia e Ucraina non se ne stanno facendo, quanto meno in Italia un altro tipo di pace sarebbe quasi obbligatoria: quella fiscale che, partendo da una nuova rottamazione, la più ampia possibile, sia il preludio di una nuova stagione di riforme strutturali, come richiesto dai principali attori economici.