L’inverno ha lasciato l’Italia con un terzo in meno di pioggia. Proprio adesso che, sottolinea Confagricoltura, «siamo chiamati a far fronte alle attuali emergenze con l’aumento della produttività agricola

In Lombardia da oltre 100 giorni manca l’82% di pioggia rispetto all’inverno scorso, mettendo così a rischio il 30% della produzione agricola. Il fiume Po è in secca a un livello più basso che ad agosto, – al ponte della Becca è sceso a -3,3 metri ed è ai minimi del periodo da almeno trent’anni, secondo l’analisi della Coldiretti – per effetto della lunga assenza di precipitazioni. È allarme siccità in tutto il Nord e proprio all’inizio della primavera, quando le coltivazioni hanno bisogno di acqua per crescere. Alle porte di Roma, il Lago di Bracciano, la scorta di acqua potabile della Capitale, è all’asciutto, allo stesso livello idrometrico in cui si trova d’estate. L’inverno ha lasciato l’Italia con 1/3 in meno di pioggia e precipitazioni dimezzate al Nord. È il bilancio molto sintetico di oggi, Giornata Mondiale dell’Acqua, istituita dalle Nazioni Unite nel 1992 e quest’anno dedicata alle acque sotterranee. L’acqua non è soltanto economia, ma anche salute. Basti pensare che secondo l’Unicef «ogni giorno più di 700 bambini sotto i 5 anni muoiono di diarrea legata ad acqua e servizi igienico-sanitari inadeguati». Circa il 74% delle calamità naturali, tra il 2001 e il 2018, «sono state correlate all’acqua, tra cui siccità e inondazioni. L’acqua miete più vittime delle guerre».
Per Confagricoltura «l’agricoltura già comincia a risentire degli effetti della siccità, nel momento in cui è chiamata a far fronte alle attuali emergenze con l’aumento della produttività agricola. La tendenza negativa si registra sia sulle precipitazioni di pioggia e neve, sia sui dati dei livelli delle acque superficiali e sotterranee». Le falde acquifere profonde costituiscono una risorsa di qualità e fungono da riserva durante i periodi di siccità, soprattutto quando hanno una maggiore capacità.
Legambiente propone una road map con tre proposte per tutelare e preservare le acque sotterranee: «il raggiungimento degli obiettivi stabiliti dalla Direttiva Quadro Acque (2000/60)», la corretta pianificazione degli usi dell’acqua (per prevenire il loro deterioramento qualitativo e quantitativo), la messa al bando nella produzione e nella commercializzazione di alcune sostanze inquinanti, persistenti e bioaccumulabili, dannose per l’ambiente e la salute». Azioni, non rinviabili «se si pensa che – secondo dati Ispra – in Italia, nel 2018, sono stati prelevati più di 9,2 miliardi di metri cubi di acqua per uso potabile, di cui in media circa l’85% deriva dalle acque di falda».