di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

Il mondo, appena tre anni fa, sembrava avviato verso un percorso sicuro: relazioni internazionali piuttosto stabili, pur con la presenza di situazioni difficili in alcune aree del mondo, aree però considerate periferiche in Occidente, e con l’impatto delle migrazioni massicce provenienti da quelle zone. Il pianeta come un unico mercato globale. Il sistema, politico ed economico, in Italia e non solo, organizzato di conseguenza. Alla ricerca, in una simile situazione, di materie prime, prodotti, lavoro, solo sulla base della convenienza. La famosa «fine della storia», di cui si parla dagli anni Novanta, dalla caduta dell’impero sovietico. Non tutti erano convinti da questa narrazione, dato che già la globalizzazione presentava problematiche non da poco. Ma ora, a dimostrazione che la storia dell’umanità non si ferma e che ogni equilibrio è solo temporaneo, la crisi Covid prima e la guerra in Ucraina poi hanno rimescolato completamente le carte. Fra gli altri effetti, oltre a quelli più drammatici legati alle tragedie delle persone colpite, delle vittime dell’uno e dell’altro tsunami, sanitario o militare, quello di aver palesato in modo purtroppo chiarissimo tutte le debolezze di un mondo – troppo – globalizzato. Un esempio del recente passato: il fatto che in Europa si fosse dipendenti dalle mascherine e dai dispositivi di protezione personale anti Covid prodotti in Cina. Tutti ricordiamo quanto all’inizio del 2020 fosse difficile procurarsene e persino i blocchi delle forniture alle frontiere. Poi, sempre a tema Covid, l’assenza di un vaccino europeo e i contratti con le aziende farmaceutiche straniere per avere le dosi necessarie. Anche qui c’erano stati rallentamenti e problemi, sottolineati nel primo intervento di Draghi ad un Consiglio europeo in veste di premier italiano nei confronti di una gestione Von der Leyen insoddisfacente. Ora la questione si ripresenta con il gas ed il petrolio russo, il grano ed il mais ucraino e via dicendo. E la politica di nuovo che cerca in extremis di correre ai ripari. La globalizzazione, per come è stata intesa da noi, in Italia soprattutto ed anche nel resto del Vecchio Continente, perché altrove, negli Usa come in Cina come anche nella stessa Russia non è certo così, ovvero come una eccessiva terziarizzazione dell’economia dipendendo dall’estero per beni di fondamentale importanza, non funziona e non può funzionare. Non in tempi tranquilli, comportando, comunque, problemi economico sociali per le fasce medio-basse della popolazione, tanto meno in tempi di crisi, nei quali l’assurdità dell’avere un sistema come il nostro di grandi tradizioni produttive ormai depotenziato e quasi annientato si mostra in tutta la sua evidenza con ripercussioni su tutti. Dovremmo imparare qualcosa da queste gravi crisi, reimpostando una globalizzazione che, almeno per noi, non sta affatto funzionando.