Le federazione di categoria dell’Ugl insistono sulla valorizzazione dell’impegno

Tempo addietro proprio l’Ugl aveva evidenziato come, nel pubblico impiego, le motivazioni che possono portare al licenziamento disciplinare sono maggiori rispetto ad ogni altro contratto collettivo nazionale di lavoro, con l’aggravante ulteriore che il dipendente pubblico si trova a dover fare i conti con una serie di reati penalmente perseguibili riferiti alla mansione ricoperta. Nel corso del 2021, in 335 hanno perso il lavoro perché licenziati per giusta causa, in calo netto rispetto al 2020 (426 licenziamenti) e soprattutto al 2019 (520 licenziamenti). Allargando, però, un poco l’orizzonte, in tempi recenti l’anno con meno licenziamenti è stato il 2014, con 227 casi. Considerando la platea dei dipendenti pubblici, oltre 3,2 milioni, è il dato è quindi molto confortante, soprattutto se consideriamo che i casi collegabili alle timbrature, che suscitano sempre tanto scalpore, sono appena 22. Guardando ai settori, la situazione maggiormente critica si registra nella sanità, con circa 3mila provvedimenti avviati fra Asl e aziende ospedaliere. Un numero importante sul quale, evidentemente, finiscono per incidere le condizioni di lavoro, già normalmente stressanti, ma anche raggiunto picchi enormi nel corso degli ultimi due anni a causa del Covid-19. Sempre l’Ugl, però, anche in vista delle elezioni per il rinnovo delle Rsu, insiste anche sulla necessità di rafforzare i meccanismi premianti per valorizzare l’impegno.