di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

Abbiamo apprezzato molto l’iniziativa della Procura della Repubblica di Roma che ha aperto un fascicolo di indagine sugli aumenti dei prezzi dell’energia e dei carburanti, intorno ai quali ormai vi è più che il sospetto di truffe e di speculazioni, a maggior ragione dopo quanto dichiarato dal ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani.
È inaccettabile che in un periodo della storia mondiale così travagliato, tra la pandemia e lo scoppio di un conflitto alle porte dell’Unione europea, vi siano soggetti economici sempre pronti ad approfittarne, forse anche per ritardare eventuali “transizioni energetiche” che andrebbero a loro discapito, e inammissibile che a pagare debbano essere lavoratori ed imprese, già fortemente indeboliti dalla crisi economica. Sappiamo che il Governo è al lavoro su un piano ad hoc per benzina, luce e gas, che potrebbe prevedere bollette rateizzate, spalmate su un tempo maggiore per dare maggiore respiro alle famiglie, e/o sulla riduzione delle accise in misura pari all’extragettito di Iva di questo periodo. Ma alla luce del sospetto di speculazioni e truffe sarebbe auspicabile intervenire immediatamente stabilendo un “Price cup”, ossia un tetto fisso ai costi energetici, per evitare conseguenze drammatiche sotto il profilo economico e occupazionale.
Infatti, non dobbiamo preoccuparci “soltanto” dei beni energetici. L’Occidente e i sistemi industriali dei Paesi avanzati – che sono tali sia in termini economici sia di diritti – si trovano sempre più in una morsa. In Cina i nuovi casi di Covid-19 hanno portato al lockdown dell’area industriale di Shenzhen e della provincia di Jilin, fino al 20 marzo. Shenzhen è uno dei più importanti poli tecnologici della Cina e prima città del Paese per volume di esportazioni, (300 miliardi di dollari nel 2021), al punto che, trovandosi in quest’area il colosso taiwanese Foxconn, maggiore produttore mondiale di componenti elettroniche, a cui si aggiunge lo stop di un altro gigante, Oem, fornitore di Apple e Samsung, si sono dovuti inviare “al mondo” messaggi rassicuranti, ma poco credibili. In ogni caso, infatti, sono prevedibili ripercussioni negative sulle consegne, pur compensate da aumenti della produzione e da consegne più rapide al termine delle restrizioni, e anche sulla domanda cinese, proprio adesso che stava contribuendo ad abbassare i prezzi del petrolio, saliti del 40% dall’inizio del conflitto in Ucraina. Senza dimenticare i prezzi esorbitanti del nickel, di cui la Russia è il primo produttore mondiale, finito nell’ambito delle sanzioni Ue contro la Russia, nonostante sia consumato nel mondo occidentale per fabbricare acciaio inox austenitico e per produrre le batterie delle auto elettriche, fondamentali per la transizione ecologica. E così via, spirali negative che si avvitano le une sulle altre.