di Francesco Paolo Capone – Segretario Generale UGL
Il via libera giunto ieri dalla Commissione europea alla prima rata di finanziamenti per l’Italia da 21 miliardi di euro dal Recovery fund è in sé una buona notizia. Lo è anche il fatto che Bruxelles abbia certificato il raggiungimento dei 51 obiettivi previsti nel Pnrr 2021. Le parole di elogio verso il nostro Paese da parte della presidente della stessa Commissione, Ursula von der Leyen, – «riteniamo che l’Italia abbia fatto buoni progressi» – è senza dubbio un segnale importante. Resta soltanto l’approvazione degli Stati membri e l’Italia riceverà 21 miliardi di euro per realizzare un percorso ambizioso di ripresa fatto di riforme prima impensabili.
Ma qualcosa non va, si avverte nell’aria ed è il contesto in cui ci troviamo oggi. Abbiamo adesso un’emergenza in più, la guerra tra Russia e Ucraina, e non abbiamo ancora risolto l’altra che dura da ben due anni, la pandemia. Ancora prima che scoppiasse il conflitto Russia-Ucraina, i prezzi dell’energia, gas, energia elettrica, petrolio, erano già alle stelle; interi settori produttivi in difficoltà e imprese costrette a fermarsi. E ancora prima avevamo il problema rappresentato dalla scarsità e dai prezzo conseguentemente alti dei microchip e delle materie prime. L’Istat ha già rilevato come le tensioni scatenate dalla guerra in Ucraina, per un italiano su tre, avranno un effetto duraturo sui prezzi e come vi sia il timore che sui prezzi dell’energia possa scatenarsi un effetto paragonabile allo shock petrolifero degli anni 70. Se l’inflazione percepita, una manciata di giorni fa, è volata al 6,4% (rispetto al livello ufficiale, registrato dall’Istat a gennaio, 4,8% su base annua), sempre grazie all’Istat oggi sappiamo che, secondo le stime preliminari, nel mese di febbraio 2022 l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività, al lordo dei tabacchi, registra un aumento dello 0,9% su base mensile e del 5,7% su base annua. I lavoratori sono allo stremo delle loro forze economiche, e non solo, l’occupazione vacilla e quindi il mercato interno rischia di non ripartire come dovrebbe. Il Turismo, risorsa fondamentale per il nostro Paese, è in profonda crisi e lo sono anche l’automotive e i trasporti in generale. Settori, questi ultimi, che già risentono negativamente degli effetti di un Green Deal ispirato più a Greta Thunberg che al buon senso e alla realtà.
In tale difficilissimo contesto, il timore è che il Pnrr, per quanto valido e imprescindibile strumento di innovazione e rilancio per l’Italia, rischi di rincorrere e non di precedere tutti i difficilissimi eventi appena elencati. Nella speranza, più che nella certezza, che non ne arrivino altri.