Si guarda con preoccupazione ai comuni del Mezzogiorno, troppo spesso privi delle necessarie competenze per progettare e realizzare interventi complessi come quelli previsti nel Piano nazionale di ripresa e resilienza su infanzia, minori, terza età, disabilità e povertà estrema

Pur rappresentando in valori assoluti soltanto una piccola parte del Piano nazionale di ripresa e resilienza, parliamo infatti di meno di un miliardo e mezzo di euro, l’avviso pubblico appena pubblicato dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali assume una particolare valenza, in quanto è rivolto alle persone più fragili. Si tratta di interventi a carattere sociale sul versante del sostegno alla genitorialità, ai minori, agli anziani, alle persone con disabilità e per quelle in estrema povertà senza fissa dimora. Una delle sette linee di investimento riguarda anche gli operatori socio-sanitari che, soprattutto con l’esplosione della pandemia, sono stati costretti a fronteggiare un numero sempre crescente di casi di forte disagio sociale, psichico ed economico. Il Ministero prevede di finanziare, nel complesso, 2.125 progetti, distribuiti il più possibile equamente sul territorio. Ed è qui che iniziano i problemi che il sindacato può contribuire a risolvere. Già in partenza la distribuzione dei progetti su base regionale non sembra rispettare l’impegno ad indirizzare almeno il 40% delle risorse verso il Mezzogiorno, Isole comprese. Come se non bastasse, i tempi molto stretti per la progettazione e la presentazione delle richieste (la piattaforma apre il 1° marzo e chiude alle 17 del 31 marzo) rischiano di tagliare fuori quegli Ambiti territoriali sociali poco o per nulla strutturati e, di conseguenza, quei comuni che rientrano in tali ambiti. Ricordando le enormi difficoltà incontrate dagli enti locali di Campania, Puglia, Calabria e Sicilia a dare seguito al piano operativo nazionale sull’infanzia e la terza età, finanziato con la programmazione 2007-2013, è lecito purtroppo temere il peggio.