di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

La crisi ucraina rischia di pesare come un macigno sul futuro anche dell’Italia. Lasciando per un attimo da parte le – pur prioritarie – considerazioni umanitarie, le implicazioni geopolitiche, le preoccupazioni per una possibile escalation militare della guerra in Ucraina, già ora la situazione che si è creata nell’Europa dell’Est sta comportando ripercussioni gravissime ed immediate avendo determinato, fra le altre cose, anche un nuovo tsunami su un’economia globale ancora afflitta dalle conseguenze della pandemia. Con l’Italia in prima linea nel veder ulteriormente allontanarsi l’obiettivo di una ripresa che significa anche occupazione, benessere, pace sociale. L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia con le conseguenti sanzioni internazionali contro Mosca stanno provocando – e provocheranno ancora nel prossimo futuro – degli effetti diretti profondamente negativi su di noi, sulla nostra classe media, sui nostri lavoratori, sulle nostre imprese, su un sistema che ancora non si è ripreso dagli ultimi due anni di crisi Covid. Energia, l’Italia dipende in modo significativo dalla Russia per i rifornimenti energetici: il 60% della nostra elettricità è prodotta utilizzando il gas e la metà di quello di cui disponiamo arriva dalla Russia. Un problema che si somma all’aumento dei prezzi già avvenuto negli scorsi mesi. Materie prime fondamentali come il grano ed anche il mais per l’alimentazione animale. Con la nostra produzione agroalimentare già provata dall’aumento dei prezzi dei carburanti e dell’energia in un circolo vizioso di costante emergenza. Gli scambi commerciali con Mosca, che valgono l’1,5% del Made in Italy e riguardano in modo principale abbigliamento, mobili, macchinari ed elettrodomestici. Contrazione dell’economia, aziende in affanno e inflazione in aumento, con tutti i rischi per le fasce sociali più deboli, che ora rischiano ancor più di prima di scivolare in una situazione di povertà, disoccupazione o lavoro povero. Di nuovo, di fronte a situazioni impreviste l’Italia mostra troppa debolezza: era accaduto col Covid, di fronte al quale non potevamo contare su una produzione nazionale di mascherine e dispositivi anti-contagio prima e di vaccini poi, dipendendo in tutto e per tutto dall’estero, accade ora, con la questione gas, in assenza di politiche energetiche capaci di dotarci di una sufficiente autonomia nonostante si parli del problema da anni e decenni, e con quella del grano, con l’Italia che importa il 64% del proprio fabbisogno e con le nostre coltivazioni nazionali che continuano a diminuire. Possibile che non si riesca ad invertire questa tendenza di una sempre maggiore dipendenza dalle importazioni per beni di primaria importanza per la sicurezza nazionale? Negli ultimi tempi abbiamo ricevuto delle dure lezioni sull’importanza di una maggiore autonomia capace di proteggerci dai possibili shock – sanitari, economici, politici – che tutti vorremmo evitare, ma che, purtroppo, possono verificarsi. Speriamo che i nostri leader le abbiano comprese ed inizino seriamente ad agire di conseguenza.