di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

Il governo ha annunciato a breve una vera e propria road map per la fine delle restrizioni anti-Covid ed un progressivo ritorno alla normalità nella vita sociale e lavorativa degli italiani. Ma ancora la situazione è tutt’altro che chiara. Unica certezza, ma anche qui il condizionale, almeno per scaramanzia, è d’obbligo, dovrebbe essere la fine dello stato d’emergenza, che non sarà rinnovato dopo la scadenza del 31 marzo. Con tutte le conseguenze del caso: lo scioglimento del Cts, il termine dell’incarico di commissario affidato al Generale Figliuolo, la fine dei poteri straordinari di Governo e Protezione civile, lo stop allo smart working semplificato. Per il resto al momento, comunque, l’idea sarebbe quella di eliminare il green pass per la maggior parte delle attività, con la permanenza dell’obbligo vaccinale solo per alcune categorie di lavoratori, sanitari e operatori al pubblico, e per gli over 50 fino al 15 giugno. Mascherine solo al chiuso e poi abolite del tutto da giugno tranne che sui mezzi di trasporto, sempre maggiori libertà nell’accesso ai luoghi pubblici, dai teatri agli stadi, dai bar ai ristoranti, fine delle quarantene e dei test di ingresso per gli stranieri in arrivo in Italia e così via. Se possiamo tirare un sospiro di sollievo rispetto alla pandemia è grazie al vaccino, così dicono gli esperti: nonostante l’elevato numero di contagi, le ospedalizzazioni sono state in proporzione poche, così garantendo la tenuta del sistema sanitario. Per questo ora si può parlare di fine dello stato d’emergenza e graduali riaperture. Ma quanto durerà la copertura vaccinale? Saranno necessari richiami periodici e con quale frequenza? Già è notizia diffusa: una quarta dose di siero dovrebbe spettare a tutti gli italiani, al più tardi il prossimo autunno. In tal caso, chi si occuperà della somministrazione dato che la distribuzione non potrebbe più contare sulle forze straordinarie messe in campo finora? Speranza annuncia rivoluzioni nella sanità, ma i dubbi restano. Non solo, per spingere la popolazione ad effettuare gli eventuali richiami, dovremo avere ancora il green pass? Oltre a una buona percentuale di convinti vaccinisti, infatti, diversi milioni di italiani hanno aderito alla campagna solo a causa della certificazione verde. Si tratta di domande non certo da poco. Perché il vero punto della questione resta in realtà questo: se saranno sufficienti tre dosi di vaccino o ne serviranno altre e la modalità impositiva con la quale in futuro sarà, in assenza di un obbligo di legge, offerto il richiamo. Questo il tema di fondo, perché il green pass, comunque la si pensi, ha rappresentato una fortissima ed eccezionale limitazione delle libertà individuali. E la politica si sta dividendo fra le due esigenze, sicurezza (sanitaria in questo caso) e libertà, con un’inversione dei ruoli rispetto a quanto normalmente ci si aspetterebbe: più verso la sicurezza la sinistra, per una maggiore libertà la destra, come abbiamo imparato in questi due anni di pandemia. La tenuta del governo ed il futuro degli italiani dipenderanno dalla sintesi che verrà trovata fra queste due esigenze.