di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

Sono trascorsi trent’anni dall’inizio dell’inchiesta giudiziaria che trasformò il nostro Paese: Mani Pulite. Proprio il 17 febbraio del 1992 veniva infatti arrestato l’esponente del partito socialista milanese Mario Chiesa. Quell’inchiesta fu la prima di lunga serie di indagini, processi e incarcerazioni riguardanti figure di primissimo piano nel mondo della politica e dell’imprenditoria dell’Italia di allora. Poi l’assetto del potere nel nostro Paese cambiò radicalmente. A tanti anni di distanza ancora ci si chiede se in meglio o in peggio. Quel che è certo è che la popolazione, inizialmente entusiasta e convinta che quelle indagini avrebbero messo fine a un sistema troppo corrotto per generarne un altro all’insegna della trasparenza e dell’efficienza, fu costretta a ricredersi: con Mani Pulite non terminarono certo gli scandali relativi ad un uso distorto delle risorse pubbliche. Quello che è altrettanto certo e ormai preso in considerazione da molti osservatori è che Mani Pulite non fu un’inchiesta del tutto scollegata rispetto agli sconvolgimenti in atto nel mondo: la dissoluzione dell’Urss, la vittoria del sistema capitalista su quello comunista consentirono anche al nostro Paese di superare il quadro politico nato a Yalta, che in Italia si traduceva nel governo ininterrotto della Dc e dei suoi alleati, saldamente fedeli all’alleanza atlantica. Nel mondo post-sovietico nacque la globalizzazione. Dopo Mani Pulite iniziò l’era delle privatizzazioni e dello smantellamento di buona parte del patrimonio industriale pubblico e privato italiano. Il Parlamento cambiò volto: il Partito Comunista si era appena trasformato nel Pds, col congresso del ‘91, assumendo un volto socialdemocratico e occupando lo spazio che fino a quel momento era stato del Psi e degli altri piccoli raggruppamenti della sinistra moderata del cosiddetto Pentapartito, travolto dalle inchieste. Avendo così per la prima volta una concreta chance di arrivare al governo del Paese. Ma, ad interrompere il sogno della “gioiosa macchina da guerra”, arrivò la discesa in campo di Berlusconi che, dopo aver idealmente appoggiato l’Msi in funzione anticomunista nella corsa per il Campidoglio del 1993, creò un’alleanza da contrapporre al Pds e ai suoi alleati, nella quale assunse il ruolo di partito di centro con la sua Forza Italia e coinvolse per la prima volta la destra missina e la Lega, raccogliendo il consenso di tutti quei milioni di italiani che non si riconoscevano nella sinistra e vincendo le politiche del 1994. Poi gli anni dell’alternanza, che, nel bene e nel male, consentì al Paese di avere un confronto prima non possibile, che permise, fino al 2011, anche alla destra di governare, per quasi la metà del tempo. Un avvicendamento mai del tutto accettato dalla sinistra, che fin da subito, con tutti i mezzi a propria disposizione, iniziò un processo di demonizzazione dell’avversario rappresentato dal polo di centrodestra. Forse, a pensarci bene, questa alternanza fu uno dei, pochi, lasciti positivi dell’inchiesta Mani Pulite. Un lascito ultimamente un po’ troppo messo in discussione dalle varie “sensali” del pensiero unico.