di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

È più che mai opportuna l’iniziativa di Palazzo Chigi che domani riunirà i ministri per individuare le misure necessarie per frenare non “solo” la crisi del settore Auto, ma un pericoloso processo di deindustrializzazione. Un settore trainante per l’Italia e che metterebbe a rischio, nell’immediato, 26mila lavoratori della componentistica.
Il ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, tra i primi a lanciare l’allarme, sociale e occupazionale conseguente al sempre più “stringente”, per usare un eufemismo, Green Deal europeo, che ha come obiettivo quello di rendere l’Europa entro il 2050 il primo Continente a emissioni zero, è già al lavoro in tal senso, ma molto tempo è già trascorso. Fare dell’Europa un immenso “parco verde” è un progetto utopistico, più che ambizioso, visto che gli altri continenti continueranno bellamente a inquinare (Usa, Cina, Russia e India). Auspicabile solo per chi vive fuori dalla realtà e quindi incapace di immaginare intere filiere industriali scomparire e con esse centinaia di migliaia di posti di lavoro, come minimo. Come evidenziato al ministro Giorgetti da Anfia e Confindustria, nell’insieme sono 73 mila i posti a rischio in Italia da qui al 2035, anno nel quale si dovrebbe verificare lo stop alla vendita di auto benzina, diesel, gpl, metano e ibride, comprese le plug-in, e saranno ammesse solo auto elettriche e a idrogeno, secondo quanto stabilito nel pacchetto clima “Fit for 55”, primo step verso l’utopistico traguardo del 2050. Ammesso e non concesso, poi, che la maggioranza dei cittadini e dei lavoratori europei saranno in grado di permettersi un’auto elettrica e che metropoli, città, intere nazioni saranno in grado di offrire un’adeguata rete di infrastrutture e di servizi pubblici a costi accessibili.
C’è un altro settore per il quale occorre lanciare un allarme: l’edilizia, che non in Italia, ma in qualsiasi Paese industrializzato, è la “spia” che segnala il buono stato di salute di un’economia. È stato sicuramente doveroso bloccare le frodi conseguenti all’uso illegittimo del Superbonus e di altri bonus edilizi, immaginati per dare slancio ad un settore quasi sprofondato e che si è rimesso in moto, generando reddito e occupazione. Tuttavia, limitare la cessione dei crediti fiscali, consentendo la facoltà di cessione ad altri soggetti, soltanto una volta e vietando quindi successive cessioni, rischia di mandare in blocco tutto il settore. Senza dimenticare il destino degli oltre 4 miliardi di euro di crediti fiscali del Bonus 110% acquisiti da Poste italiane e Cassa depositi e prestiti e i crediti di altre piccole banche che rischiano di andare in sofferenza.