di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

Su “Il Domani”, il giornale di De Benedetti, è uscito un curioso articolo sul sindacalismo di destra in Europa: “Populismi e lavoratori. Un testo che racconta la presenza di diversi sindacati di matrice conservatrice nel Vecchio Continente, che, come succede anche per quelli di impronta progressista, fanno rete fra loro, condividendo una visione del mondo del lavoro e dei valori simili. Fin qui tutto bene, se nell’articolo non ci fosse, neanche tra le righe, ma ben chiara, l’attitudine a descrivere dei cordiali rapporti, normali e finanche ovvi, fra associazioni per certi versi omologhe, al fine di incidere meglio su una politica e un’economia sempre più integrate a livello europeo, come la solita fantomatica “internazionale nera” animata da chissà quali progetti oscuri. «L’internazionale delle destre populiste d’Europa ha preso di mira le organizzazioni dei lavoratori: passa da lì, e cioè dal tentativo di penetrare il mondo sindacale, la nuova frontiera dell’ammucchiata sovranista», così l’articolo. Francamente, basta. Forse non tutti – al Domani e non solo – sanno che il sindacalismo conservatore non è certo una trovata dell’ultim’ora, né un’operazione di restyling delle forze cosiddette populiste, ma ha una tradizione antichissima, quanto quello progressista. Basterebbe leggere o almeno sfogliare qualche libro di storia per rendersene ampiamente conto. Una tradizione che nasce da un lato nell’alveo della dottrina sociale della Chiesa, dall’altro in quel sindacalismo nazionale che, nel nostro Paese in particolare, ha fornito alla comunità illustri esempi, uno per tutti Filippo Corridoni, di personalità che hanno lottato per l’emancipazione sociale ed economica delle classi lavoratrici partendo da una visione politica ben precisa, quella della destra sociale. La stessa Solidarność, di cui parla l’articolo, che per decenni si è battuta contro il comunismo fino a portarlo alla sconfitta, non è mai stata, con tutta evidenza, un’organizzazione di sinistra. Sarebbe superfluo perfino parlarne. È comprensibile che oggi, in assenza di formazioni politiche paragonabili a quelle cristiano-democratiche di un tempo, con anche molte forze di centro spostate troppo a sinistra, nei valori e nei progetti, guardi a destra, parola che, ribadiamolo, non è un tabù, ma ha piena cittadinanza nell’arco parlamentare di tutti gli Stati europei. Quest’opera di demonizzazione della destra, frutto di ignoranza o finalizzata consapevolmente alla delegittimazione degli avversari, che siano politici o sindacali, ha fatto il suo tempo e non funziona più. Ne vediamo un altro esempio nell’incapacità da parte della sinistra politica italiana di accettare l’idea di un Presidente della Repubblica conservatore. Specie ora, in periodo di pandemia, quando ci vorrebbe maggior senso di comunità, si tratta di un atteggiamento ancor di più fuori luogo.