Le delocalizzazioni sono sempre possibili, anche se dovrebbe arrivare un freno. Procedura più complessa

Gli organi di informazione hanno definito la disposizione come una norma anti-delocalizzazione selvaggia, soprattutto in risposta di alcune iniziative estemporanee poste in essere da qualche multinazionale che ha pensato nei mesi scorsi di poter licenziare il personale dalla sera alla mattina, magari con un messaggio via social. In realtà, ciò non era possibile neanche prima, ma ora, con la legge di bilancio, si rafforza la procedura a tutela di licenziamenti collettivi illegittimi. Questa nuova disciplina si applica nei casi di chiusura sul territorio nazionale di una sede o di una struttura di una impresa che nel complesso occupa almeno 250 dipendenti e che intende licenziare più di 50 unità di personale. Non si applica, comunque, al di sotto di queste soglie e nei casi di datori di lavoro che si ritrovano in situazione di squilibrio con probabile insolvenza. La procedura prevede un obbligo di comunicazione, almeno 90 giorni prima del perfezionamento dei licenziamenti, alla rappresentanza sindacale, alle loro segreterie territoriali, alle regioni interessate, ai ministeri del lavoro e dello sviluppo economico e all’Anpal. Nei 60 giorni successivi, il datore di lavoro presenta un piano con le azioni programmate e la gestione degli esuberi, piano che è discusso con i sindacati nei trenta giorni seguenti. In questa fase, il datore di lavoro non può procedere a licenziamenti; se fatti, sono nulli. Se non c’è accordo con il sindacato, passati 90 giorni, il datore di lavoro può comunque avviare la procedura di licenziamento collettivo. Se, viceversa, si arriva ad un accordo, i lavoratori possono beneficiare del trattamento straordinario di integrazione salariale e sono iscritti al programma Gol, Garanzia per l’occupazione dei lavoratori, con i relativi interventi formativi. L’accordo conviene anche al datore di lavoro che non è tenuto a versare la contribuzione aggiuntiva con maggiorazione del 300%. Se in corso d’opera, il datore di lavoro è inadempiente rispetto agli impegni presi con il piano, è previsto il versamento della contribuzione aggiuntiva con una maggiorazione del 600%, mentre la maggiorazione è del 450% in caso di mancato accordo sindacale. In altri termini, volendo riassumere, la norma è scritta in modo tale che sia il datore di lavoro che il sindacato hanno tutto l’interesse a trovare una intesa, con i lavoratori che potrebbero così beneficiare della Cigs, invece di dover andare immediatamente in Naspi. Diventa decisivo, in questo percorso, il ruolo delle regioni, di Anpal e degli enti paritetici per quanto riguarda la riqualificazione del personale coinvolto.