di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

Da gennaio è in vigore la nuova Quota 102, strumento ideato per evitare lo scalone post Quota 100, che sarebbe scattato in sua assenza, riportando indietro le lancette della previdenza italiana ai tempi del ministro dell’austerity montiana, Elsa Fornero, con tutte le problematiche che una visione così miope del sistema previdenziale aveva comportato dal punto di vita non solo sociale, ma anche economico ed occupazionale. Ma l’innalzamento dell’età anagrafica a 64 anni con almeno 38 di contributi stabilito con Quota 102 si è rivelato fortemente penalizzante e non può rappresentare una soluzione soddisfacente. Per questo secondo l’Unione Generale del Lavoro è necessaria e urgente una riforma complessiva del sistema previdenziale che dia certezze ai lavoratori rispetto al superamento della Legge Fornero e all’individuazione di meccanismi di flessibilità in uscita. Come Ugl, riteniamo fondamentale partire da una proposta come Quota 41, che prevede 41 anni di contributi a prescindere dall’età lavorativa, consentendo a chi ha iniziato a lavorare presto di ritirarsi prima dal mondo del lavoro e incentivando, peraltro, il turn over generazionale. Auspichiamo, dunque, una riforma equa che tuteli i diritti acquisiti dei lavoratori garantendo libertà di scelta e, al contempo, agevolazioni all’ingresso dei giovani nel mondo del lavoro. Quest’ultimo elemento non è affatto secondario, è anzi il principale problema attuale perché, nella situazione corrente del mondo del lavoro italiano, con i posti più strutturati e retribuiti già occupati da lavoratori che vorrebbero e dovrebbero andare in pensione, molti giovani, e per giovani ormai dobbiamo considerare anche gli ultra trentenni, anche preparati e formati, sono relegati nella disoccupazione o nella sottoccupazione. Ciò comporta ricadute gravissime non solo sui giovani direttamente interessati, ma sull’intera società: dal punto di vista delle prospettive anche dello stesso sistema pensionistico, da quello della ripresa dell’economia e dei consumi, per una fascia d’età che per sua stessa natura sarebbe più propensa a spese anche importanti dovendo impostare la propria vita, con conseguenze sul sistema produttivo e industriale, da quello demografico, in un circolo vizioso di declino del Paese. Anche il mancato decollo della previdenza complementare, altro tema all’ordine del giorno nell’ottica di una complessiva riforma del sistema, deriva dall’impossibilità, per molti lavoratori precari o con bassi salari, e qui il problema degli stipendi che non crescono, ma anche della relegazione di un’intera generazione nel recinto della sotto occupazione, di sottrarre risorse necessarie al presente per poterle destinare a una maggiore sicurezza futura. Insomma, tutto considerato, quota 102 non è una risposta sufficiente per la ripresa e per la solidità del sistema Italia.