Differenza di vedute sull’Irpef fra Cgil e Uil, da una parte, e Cisl e Ugl, dall’altra

A poche ore dalla approvazione definitiva della nuova legge di bilancio che ci accompagnerà per tutto il corso del 2022, il capitolo relativo al fisco continua a suscitare forti polemiche, anche nel mondo sindacale oltre che in quello della politica. Il governo ha previsto, come si ricorderà, un doppio binario, il primo dei quali incentrato su un intervento immediato sul fronte dell’Irpef. Il secondo, più articolato, rimanda ad una legge delega: quando sarà approvata, l’esecutivo avrà diciotto mesi di tempo per apportare tutte le modifiche alla normativa vigente. Intanto, sul versante dell’Irpef, la legge di bilancio prevede interventi diversificati, che, per ovvie ragioni, devono essere letti insieme. Nei giorni scorsi, Cgil e Uil hanno contestato al governo di aver previsto una riforma che favorisce quelli che le due sigle definiscono i redditi medio alti, vale a dire quelli compresi fra 28mila e 50mila euro lordi. Cisl e Ugl, però, hanno invitato a tener conto di tutti i fattori in campo, in quanto la riforma conferma il bonus 100 euro, l’ex bonus Renzi rafforzato, inglobandolo nella ridefinizione delle detrazioni spettanti per lavoro dipendente e pensioni. Il bonus, peraltro, trova conferma anche nei casi in cui la somma delle detrazioni potenzialmente spettante è superiore all’imposta lorda da versare. Restano comunque in piedi altre questioni, come il peso di Iva e accise.