Un mercato del lavoro meno sclerotizzato per sostenere gli obiettivi di crescita. «Lavoro, professionalità, rappresentanze» nel 55° Rapporto Censis

Se l’emergenza sanitaria ha avviato un nuovo ciclo dell’occupazione, gli italiani vedono aumentare la precarietà e le diseguaglianze, anche a causa del gap digitale esistente tra le diverse fasce della popolazione. Così le attese per il futuro sono dense di ombre, anche se con qualche luce e sprazzi di fiducia, rappresentate dall’attuazione del Pnrr. Secondo il 55° Rapporto Censis, per il 36,4% degli italiani la crisi si è tradotta in maggiore precarietà, percezione che tra le donne sale al 42,3%. L’esperienza del lavoro da casa e la possibilità di conciliare le esigenze personali con quelle professionali è stata vista in senso positivo dal 30,2% degli italiani, che diventa il 32,4% per le donne. Solo il 27,8% considera le risorse europee e il Pnrr elementi in grado di garantire occupazione e sicurezza economica per lavoratori e famiglie. Una visione che sembra riflettere le caratteristiche di un mercato del lavoro che resta sclerotizzato: basse retribuzioni, disoccupazione, disaffezione al lavoro, bassi tassi di occupazione e alti tassi di disoccupazione, soprattutto tra i giovani, ampie sacche di inattività, soprattutto femminile. Per il 30,2% degli italiani al primo posto tra i fattori che frenano l’inserimento professionale ci sono le retribuzioni disincentivanti che i datori di lavoro (Stato compreso) offrono anche nei confronti di chi ha competenze e capacità adeguate. Al secondo posto, per il 29,9% c’è la persistenza di condizioni inadeguate per avviare un’attività in proprio, a causa dei troppi adempimenti burocratici e del carico fiscale che grava sull’attività d’impresa. Infatti, non se la passano bene neanche le libere professioni: dal 2008 al 2020 si sono ridotte di 719.000 unità (-12,2%), da quasi 6 milioni di occupati a poco più di 5 milioni. Non basta. In termini di differenze di genere, una donna percepisce una retribuzione inferiore di 28 euro se confrontata con quella di un uomo e inferiore del 18% rispetto alla media, mentre quella di un uomo è del 12% superiore. Anche in base all’età, emergono differenze: di ben 45 euro tra un under 30 anni e un over 54. Una penalizzazione di 30 punti percentuali rispetto alla media e di 48 rispetto ai lavoratori con più di 54 anni. La giornata lavorativa del tempo indeterminato vale 97 euro contro i 65 del lavoro a termine, mentre la retribuzione giornaliera del tempo pieno vale più di due volte quella del tempo parziale. Sui tempi della ripresa e sul perseguimento degli obiettivi del Pnrr pesano sia il basso impegno nella formazione continua sia il ritardo nell’adozione di efficaci politiche attive del lavoro. I centri pubblici per l’impiego in Italia riescono a mettere in contatto soltanto con il 18,7% delle persone in cerca di occupazione, mentre a livello europeo la percentuale sale al 42,5%, con punte del 63,6% in Germania e del 60,3% in Svezia.