di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale Ugl

Ormai manca poco all’elezione del nuovo Presidente della Repubblica e si inizia a fare sul serio. Draghi, con un colpo di scena, ha scoperto le proprie carte. Considerando completati i compiti che gli erano stati affidati, campagna vaccinale e Pnrr, si è detto pronto da un lato a sostituire Mattarella, dall’altro, definendosi ormai un “nonno”, anche di non avere particolari difficoltà, in caso contrario, a lasciare il campo, compreso quindi lo scranno più alto di Palazzo Chigi. Intendendo che, in caso, il problema sarebbe per i partiti cui ha tolto le castagne dal fuoco nel momento più difficile per la Nazione, non certo per lui. Insomma, sono i “nipoti” di nonno Draghi, ovvero le formazioni dell’Esecutivo di unità nazionale, a dover decidere il da farsi e ad avere un nuovo rompicapo da risolvere. L’elezione di “Super Mario” al Quirinale garantirebbe al Paese la presenza di una figura autorevole e unanimemente apprezzata dentro e fuori i confini nazionali per altri sette anni e non pochi mesi quanti ne resterebbero al Governo, anche se durasse fino alla fine della legislatura. Ma così sfumerebbe, ancora una volta, l’opportunità di vedere un uomo di destra, che sia Berlusconi o un altro, alla Presidenza della Repubblica. Eppure, nonostante la reazione di sorpresa di alcuni leader di partito, la sensazione è che anche stavolta la potrebbe spuntare lui, l’ex presidente della Bce, mettendo la politica di nuovo di fronte a una scelta quasi obbligata, sotto scacco. Ma poi, se effettivamente a febbraio Draghi lasciasse Palazzo Chigi per il Quirinale, chi sarebbe in grado di sostituirlo al Governo, con altrettanta forza, capace di riunire in un unico Consiglio dei Ministri renziani e grillini, esponenti di Leu e della Lega, Pd e Forza Italia? Difficile dirlo. Ora i commentatori provano ad immaginare eventuali personaggi tecnici, alla Franco o Cartabia, che però sarebbero di fatto un’estensione della Presidenza della Repubblica, non leader veri e propri. Con la conseguenza di una politica già ora appannata di fronte al decisionismo dell’attuale Premier e poi ancor più messa ai margini, a ratificare con la forza dei voti popolari decisioni, nei fatti, prese dall’alto. Ed allora, forse, l’unica soluzione potrebbe essere quella di immaginare un sostituto a Palazzo Chigi un po’ meno tecnico e un po’ più politico, magari spostato verso destra, ma dovrebbe ottenere la fiducia delle forze che ora sostengono l’Esecutivo, compresi Leu e soprattutto il Movimento 5 Stelle, maggioritario in Parlamento. Altrimenti, anche se questa ipotesi al momento sembra la meno voluta dallo stesso Draghi e anche la meno probabile, non resterebbe che la possibilità delle elezioni anticipate. Qualunque sia l’esito della partita, la vera sfida per tutti i partiti italiani, attualmente sotto tono rispetto all’autorevolezza del Premier, resta quella di rispondere allo “scacco matto” dimostrando, con la forza di idee, programmi e volti credibili, che la politica, se fatta bene, poiché riesce a immaginare non solo una gestione dell’esistente, ma una complessiva visione del Paese, può – e dovrebbe – essere migliore anche della migliore tecnica.