Lavoro, «saltato il patto generazionale» e «futuro incerto per i giovani». Cnel: «Resta molta strada da fare per recuperare i posti di lavoro perduti soprattutto da donne e giovani»

Oggi il presidente del Cnel, Tiziano Treu, ha presentato il XXIII “Rapporto sul mercato del lavoro e la contrattazione collettiva 2021”, nel corso di un’Assemblea straordinaria del Parlamentino di Villa Lubin. Tanti gli aspetti interessanti del rapporto, ne scegliamo uno: è «saltato il patto generazionale» e si prospetta un «futuro incerto per i giovani», nonostante «il Paese sia in condizioni migliori rispetto al dicembre 2020» e «le debolezze del nostro mercato del lavoro, accentuate dalla pandemia» risultino «in parte superate». Segnali di una ripresa economica consistente, «anzi superiore alle aspettative e alle medie europee», resta «tuttavia molta strada da fare per recuperare i posti di lavoro perduti soprattutto da donne e giovani». D’altronde, «le forme di lavoro precario, come il part-time involontario e i contratti a termine sono diffusi ed elevati. I caratteri negativi non consistono solo nella quantità di lavori temporanei, ma nella loro spesso brevissima durata che impedisce ogni prospettiva di sviluppo, e per altro verso nelle ridotte possibilità di trasformarli in contratti a tempo indeterminato o nei tempi lunghi della possibile trasformazione. Questo è un segno drammatico della incertezza delle prospettive», ha sottolineato Treu. Difficoltà per le madri che, a causa della chiusura delle scuole, sono dovute rimanere a casa ad accudire i figli, rinviando le decisioni di partecipazione al momento di superamento della pandemia, e per i giovani. Questi ultimi anche hanno registrato il calo occupazionale più marcato nelle prime fasi della crisi, tuttavia, gli stessi, proprio grazie alla veloce risalita del lavoro a termine verificatasi negli ultimi mesi, hanno registrato nella prima parte dell’anno una dinamica molto positiva. È qui entra in gioco il titolo di studio: le persone con un titolo di studio universitario presentano l’evoluzione meno sfavorevole, pari a +60 mila (+1.1%) confrontando il II trimestre 2021 con il IV trimestre del 2019. Gli effetti della crisi hanno colpito in misura maggiore i diplomati, tra i quali il numero di occupati è ancora inferiore dell’1.7% a quello del quarto trimestre 2019 (-184 mila), e soprattutto i lavoratori con al massimo la licenza media, per i quali i livelli occupazionali sono ancora inferiori di quasi 300 mila unità nel periodo considerato, pari ad una contrazione del 4.1%. Senza dimenticare che, in entrambi i casi, la caduta di occupazione è stata accompagnata da un marcato aumento degli inattivi.
Quella della formazione è, infatti, una delle urgenze maggiori del mercato del lavoro. I bassi livelli di qualifiche dei lavoratori italiani, accompagnati dal persistere di popolazione in età da lavoro senza appropriati titoli di studio (LFS-Eurostat, 2020) evidenziano come occorra investire molto in formazione, certamente durante tutto il percorso della vita di un individuo, ma con una attenzione particolare alla formazione continua, aspetto di cui gli attuali provvedimenti poco discutono.