di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Piaccia o meno, questo, per il nostro Paese, non è il momento dello scontro, ma quello del dialogo. A livello politico, economico, sindacale, sociale. Certo, il dialogo presuppone, per definizione, lo scambio di idee, anche diverse e magari opposte fra loro con l’obiettivo di una crescita comune, riuscendo ad arrivare, alla fine, a una sintesi, capace, se non di soddisfare pienamente, quantomeno di risultare accettabile per tutte le parti in causa. Quindi occorre un grande impegno, da parte di tutti. Per quanto riguarda le questioni economiche e sociali, da parte del governo da un lato, dal quale ci si attende un attento ascolto delle istanze che provengono dalla società civile, alla quale non si può semplicemente chiedere di accettare quanto stabilito dall’alto, ascolto che va tradotto concretamente in un confronto ampio e strutturato; dalle parti sociali altrettanto, evitando una inopportuna radicalizzazione del conflitto. Perciò l’Ugl non ha condiviso lo sciopero di ieri. Questo è il momento di unire e non di dividere. Ribadiamo la necessità di allargare il confronto per discutere di un nuovo modello di relazioni industriali basato sulla partecipazione dei lavoratori. Continueremo a chiedere maggiori risorse per gli investimenti in politiche industriali e infrastrutturali per rilanciare l’occupazione. Al tempo stesso, però, occorre riconoscere che alcuni capitoli dell’attuale manovra vanno nella direzione auspicata: i 5,5 miliardi stanziati per gli ammortizzatori sociali, la decontribuzione pari a 1,5 miliardi a favore dei redditi al di sotto dei 30mila euro. Più che uno scontro, ora serve un Patto per il Lavoro, che consenta di traghettare il Paese fuori dalla pandemia e avviare un percorso di crescita e ricostruzione. Sul fronte più prettamente politico, neanche qui si potrà sfuggire alla necessità di trovare un terreno d’incontro tra forze di orientamento diversissimo. Già, del resto, è avvenuto con la nascita dell’Esecutivo Draghi, sull’onda della pandemia, fra campagna vaccinale e Pnrr. E dovrà accadere di nuovo per l’elezione del prossimo Presidente della Repubblica. Stavolta non solo a causa della situazione emergenziale determinata dal virus, ma anche per dar corpo, finalmente, allo stesso dettato costituzionale che imporrebbe, dato atto all’uscente Mattarella dei suoi meriti, di trovare una figura capace per una volta di rappresentare tutti, compresa quella parte maggioritaria della cittadinanza che dal punto di vista elettorale si colloca a destra. Dialogo, quindi, non certo come soppressione del legittimo diritto di critica e di protesta, ma come ulteriore passo in avanti del Paese – che già gode di maggiore stima a livello internazionale rispetto al recente passato – verso una democrazia più matura e compiuta, per una ripresa non solo economica, ma anche politica, culturale, sociale.