di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

L’Istat ha confermato, con l’aggiornamento dei dati sulla situazione demografica del nostro Paese, la persistente tendenza negativa in termini di denatalità. Un problema noto, da tempo, ma ora aggravatosi in modo preoccupante, anche a causa della crisi determinata dal Covid. Gli italiani, in sintesi, fanno sempre meno figli. Ora il record, al ribasso, è di una media 1,17 bambini per donna di cittadinanza italiana, con poi anche la popolazione straniera che si sta adeguando al nostro standard. L’anno scorso ci sono state solo 404.892 nascite, sempre meno. Di questo passo il Paese non solo non avrà il necessario ricambio generazionale, ma anzi si sta tristemente e concretamente avviando sulla strada dell’auto estinzione. Di questo fenomeno in passato si parlava troppo poco, quando insistere sulla natalità era considerato un tema troppo “di destra” nella convinzione, da parte di alcuni, che bastasse rimpiazzare le culle vuote italiane con la presenza di un maggior numero di immigrati, solitamente più prolifici, per risolvere il problema, considerando chi non vedeva di buon occhio il declino demografico come il solito “sciovinista”. Ora invece, finalmente, tutti, compresi quelli per i quali parlare di futuro della Nazione era quasi tabù, messi di fronte alla gravità della situazione, sembrano aver compreso che bisogna fare qualcosa. Perché arrendersi di fronte alla progressiva scomparsa del nostro popolo è qualcosa di inaccettabile, per chiunque abbia un minimo non solo di amor patrio, ma anche di semplice buon senso. L’Italia non può sopravvivere a lungo, neanche dal punto di vista economico, senza un adeguato ricambio generazionale, basti pensare alla questione previdenziale, ma non solo. Le ricette per ribaltare dal punto di vista logistico questo trend negativo sono, alla fine, sempre le stesse, occorre solo tradurle in realtà: politiche family friendly dal punto di vista fiscale, un welfare più capillare che offra assistenza e servizi adeguati, un’organizzazione del lavoro e degli orari delle città capace di rendere la vita più semplice ai genitori che lavorano, ma anche maggiore occupazione e di migliore qualità. Non bastano, però, solo queste, pur necessarie, misure di ordine pratico. Serve un cambiamento di mentalità. Gli italiani, non tutti, ma molti, sembrano sfiduciati, preoccupati del proprio futuro e incapaci, di conseguenza, di progettare a lungo termine, ad esempio mettendo su una famiglia, magari numerosa. Bisogna ricominciare a credere nel proprio personale futuro e in quello del Paese per invertire la tendenza demografica. Per questo serve un progetto complessivo, culturale, politico ed economico, di sviluppo del Paese. Il resto verrebbe da sé. Ora, dopo la crisi Covid, che accentuato la sfiducia, questo cambio di rotta è ancor più urgente per generare un nuovo sentimento diffuso, che vada dalle classi dirigenti al popolo, di speranza e fiducia in noi stessi e nelle prospettive dell’Italia.