di Francesco Paolo Capone – Segretario Generale UGL

Sull’instabilità del M5s non c’è da meravigliarsi, sebbene i danni conseguenti alle loro cosiddette battaglie, come il Reddito di Cittadinanza e, probabilmente, anche il Salario minimo, siano più che mai vivi e resilienti. Il passo indietro del loro leader politico, Giuseppe Conte, alle suppletive di Roma e soprattutto a candidarsi nel “seggio sicuro” generosamente offerto a lui dal Pd per consentirgli di essere eletto e di fare il suo ingresso in Parlamento, mette in difficoltà non soltanto Enrico Letta e il suo partito. In primis spiazza il Governo, anche perché Pd e M5s sono quotidianamente impegnati a dare l’impressione di essere gli unici sui quali il presidente del Consiglio, Mario Draghi, possa incondizionatamente contare. Come se non esistesse una maggioranza di Governo ben più ampia della loro percentuale ottenuta alle ultime elezioni politiche, nel tempo balcanizzatasi soprattutto in campo pentastellato, e ben più variegata del mix di colori politici rappresentati dal rosso e da un giallo sempre più sbiadito. Insomma, quelli nei quali il premier, se volesse (ma non vuole), si potrebbe identificare. Ecco, parlavamo appunto di impressione, perché è di questo che – ormai è chiaro – si tratta: solo e soltanto un’impressione. La “retromarche” di Giuseppe Conte mette in crisi qualsiasi strategia il Pd intendesse portare avanti per la tenuta e la stabilità del Governo, per il varo di difficili riforme, ma soprattutto per la sempre più vicina e sempre più aperta partita del Quirinale. Nei confronti della quale fino ad oggi i partiti, magari solo apparentemente, davano l’impressione di navigare a vista. A questo punto, quelli che navigano, certamente, più a vista di tutti sono il Pd e i 5s. Si dirà che con il “no” di Giuseppe Conte, il Movimento abbia voluto evitare conseguenze irreparabili: sia un’eventuale sconfitta o vittoria sul filo di lana sia “l’apposizione” indiretta di un marchio politico che, da una parte, non avrebbe attirato grande parte dell’elettorato pentastellato e da un’altra avrebbe dato fiato alle trombe dei pentastellati “anti-Conte”. La verità è anche un’altra: a determinare il passo indietro è stata soprattutto la rivolta contro la candidatura di Giuseppe Conte, al seggio sicuro del PD, di due piccoli partiti, Italia Viva e Azione, i quali, nonostante le ridotte le dimensioni, hanno messo in scacco, ancora una volta, quelli più grandi ovviamente grazie alla loro abilità politica. O all’inabilità degli altri? In ogni caso, dopo il passo indietro di Conte ad essere in crisi ora sono le strategie del centro sinistra, dichiarate o meno che fossero, per l’elezione del prossimo Capo dello Stato. La vera partita si è aperta nel campo del centro destra e se quest’ultimo saprà e vorrà gestirla molo probabilmente riuscirà a cambiare la storia del Quirinale.