Durante la pandemia da Covid-19, si è sperimentata una forma diversa di smart working. La tendenza è quella di mettere insieme attività in presenza e da remoto

Con l’emergenza sanitaria lo smart working è diventato una consuetudine sia per i dipendenti pubblici che per quelli privati. Ora molti lavoratori stanno rientrando negli uffici, ma già da gennaio 2022 si andrà verso una nuova normalità lavorativa che vedrà gli impiegati dividersi tra giorni di presenza in ufficio e giorni di smart working a casa. Il lavoro ibrido, come viene chiamato, è una necessità nata in pandemia, ma è diventata una nuova dimensione lavorativa che ha riscosso grande successo (richiesto dall’85% dei lavoratori e manager, secondo un rapporto presentato alla Camera). Per alcune attività però non sarà possibile applicare il “lavoro ibrido”, pensiamo a coloro che sono impegnati nelle catene di produzione in fabbrica. Ma sarà una formula ideale, invece, per i dipendenti impiegati negli uffici che possono “portarsi il lavoro a casa”. Servirà una normativa a regolare questa nuova modalità di lavoro, che non sarà più legata all’eccezionalità, ma diventerà una prassi consolidata. Saranno necessari dei parametri per valutare i risultati da raggiungere, andranno garantiti la sicurezza del nuovo luogo di lavoro, la formazione e le competenze sui sistemi informativi, reperibilità e il “diritto alla disconnessione” (orari di lavoro e reperibilità). Azienda e lavoratore devono, quindi, trovare un accordo per gestire al meglio il lavoro da remoto: accordo che vedrà un quadro generale ideale per tutti, ma lascerà spazio a una contrattazione personale per le esigenze di un determinato lavoro e/o ruolo. Il lavoro a distanza e da remoto obbliga a ripensare anche la formazione, svolta esclusivamente in presenza prima della pandemia, ma questa volta ancora più necessaria nella gestione del lavoro da casa. Negli ultimi mesi si sono moltiplicati gli eventi da seguire in streaming, che hanno riscosso un discreto successo. E questo sia perché sono gestibili in orari e giorni che vanno incontro alle esigenze del lavoratore e sia perché non prevedono spostamenti. Inoltre, c’è più volontà e consapevolezza di formarsi e non viene visto come un obbligo ma una necessità per crescere ed essere autonomi. Tra i corsi necessari in questa fase c’è quello di approfondire e implementare le conoscenze IT (sicurezza informativa, salvataggio documenti, gestione cloud), digital e soft skill. Ma sarà necessario formare anche i manager del futuro e prepararli a una leadership più ampia con competenze differenti di comunicazione, autorevolezza, raggiungimento dei risultati e appunto competenze tecniche.