Quest’anno, al tradizionale appuntamento con la manovra finanziaria, si accompagna l’attivazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. La presentazione del Piano nuove competenze rilancia il ruolo degli enti paritetici nella formazione e nella riqualificazione dei lavoratori dipendenti e autonomi

Il fine anno si caratterizza, normalmente, per la presentazione da parte del governo e la successiva approvazione del parlamento della manovra finanziaria, un passaggio atteso perché destinato a segnare il percorso che il Paese farà nei dodici mesi seguenti. Quest’anno, al tradizionale appuntamento con la legge di bilancio, si accompagna il lancio del Piano nazionale di ripresa e resilienza, lo strumento da oltre 200 miliardi di euro, fra contributi e prestiti, messo in campo dall’Unione europea per cercare di imprimere una svolta decisa dopo i drammatici mesi della pandemia. Sarebbe, però, un errore pensare che tutti i nostri mali derivino esclusivamente dal Covid-19, che pure, purtroppo, ha lasciato sul campo oltre 133mila morti e centinaia di migliaia di posti di lavoro sia fra i dipendenti che fra gli autonomi. L’Italia soffre carenze strutturali note da tempo, in generale e alcune aree in particolare. Si pensi all’alta velocità che arriva a fatica poco sotto Napoli e ad alcuni porti cattedrali nel deserto senza logistica di supporto, ma anche alle enormi difficoltà incontrate dalle scuole ad assicurare la didattica a distanza, a causa di linee poco efficienti, e quella in presenza, per la carenza di spazi adeguati. Nelle pagine che seguono si parla di formazione e di lavoro. Nei giorni scorsi, il ministro del lavoro, Andrea Orlando, ha presentato alle parti sociali il Piano nuove competenze, lo strumento strategico che dovrebbe mettere a terra, finalmente, le varie e diverse attività riconducibili alla formazione e alla riqualificazione delle persone. Si parla di livelli essenziali delle prestazioni da garantire a tutti e a tutte, a prescindere dalla residenza. Una vera sfida.