di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

C’era da aspettarselo, ma il Censis, nel suo 55esimo rapporto, l’ha confermato numeri alla mano: la pandemia non ha solo impattato sul Paese dal punto di vista sanitario con la sua triste scia di contagi, decessi, danni da “long Covid” su alcuni guariti. Ha anche comportato un significativo peggioramento della situazione economico-sociale del Paese e ad oggi, dopo quasi due anni segnati da lockdown, chiusure e misure di contenimento, l’Italia non è ancora uscita dalle conseguenze nefaste del virus. Innanzitutto c’è stato un vero e proprio deflagrare della povertà, nel 2020 sono state, infatti, ben due milioni le famiglie italiane in stato di povertà assoluta, con un aumento, o meglio un raddoppio, rispetto a dieci anni prima, +104,8%. Soprattutto al Nord, seguito dal Sud e con il Centro in una situazione lievemente migliore. Più poveri e con un sentimento di maggiore vulnerabilità rispetto non solo alla situazione economica, ma anche dal punto di vista della salute. Interessanti anche i dati sulla crescita dell’irrazionalità, che, in un mondo, già prima del virus e oggi ancor di più, sempre più complesso e difficile da decodificare, ha fatto presa su un numero non alto, ma comunque non trascurabile di italiani: con un 5,8% di persone convinte che la Terra sia piatta, un 10% che l’uomo non sia mai sbarcato sulla Luna, ben un 19,9% di italiani che credono che il 5G sia uno strumento sofisticato per controllare le persone e, cosa forse ancora più incredibile dati i numeri quotidiani, circa 3 milioni di persone, il 5,9%, convinte che il Covid non esista. Con poi quello zoccolo duro di contrari ai vaccini, pari, come si evince del resto dai numeri dell’adesione alla campagna di immunizzazione, al 10,9% della popolazione. Come mettere in rapporto il dato sulla povertà e quello sul pensiero irrazionale o “magico”? Non è, in fondo, troppo difficile: già era presente data la situazione non brillante del Paese già prima del Covid, ma con la pandemia è cresciuta quella percentuale di italiani non ben integrati dal punto di vista lavorativo, economico e sociale e, fra questi soprattutto, il senso di sfiducia verso le istituzioni è fortissimo. Alimentato anche da alcuni errori gestionali e comunicativi delle autorità, specie nella prima fase della pandemia. Un sentimento di insoddisfazione che, come rileva il rapporto, non risparmia i giovani, fra i quali l’isolamento ha accentuato forme di disagio esistenziale. Cosa fare? Serve un’iniezione – termine ad hoc dato il periodo vaccinale – di speranza, di fiducia nel futuro, grazie a efficaci misure di protezione sociale per l’emergenza, ma soprattutto tramite politiche industriali, occupazionali e di sviluppo che possano aumentare i numeri dell’inclusione sociale e ridurre quelli della povertà. In questo senso non possiamo che condividere l’appello del Censis e del suo presidente De Rita a dar vita, con urgenza, a un serio cronoprogramma di riforme strutturali, con scelte coraggiose che riescano a portare gli italiani, anche quelli ora esclusi e marginalizzati, a vivere meglio e quindi a credere nel futuro, nel loro personale ed in quello del nostro Paese.