di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

L’uscita del senatore a vita Mario Monti è stata quantomeno infelice: “Bisogna trovare modalità meno democratiche nella somministrazione dell’informazione”. Un’affermazione forte, detta in qualità di ospite della trasmissione In Onda, su La 7, qualche giorno fa. Il senso della frase, poi spiegato meglio a fronte delle inevitabili polemiche, è, tutto sommato, comprensibile: c’è una sovraesposizione mediatica della pandemia, tra social e televisione, opinionisti e virostar. Assistiamo a questo balletto ormai da marzo 2020, con chi diceva che il virus non sarebbe mai arrivato in Italia e chi suggeriva di “abbracciare un cinese”, fino ad oggi, con altrettante giravolte sui temi d’attualità, la protezione offerta dai vaccini o cosa fare con la nuova variante Omicron. Ognuno a dire la sua. Con l’effetto di infondere dubbi e confusione nella cittadinanza, posta di fronte a un problema, il Covid, tanto inedito quanto preoccupante. Neanche la politica, compresa quella di governo, è stata immune da scivoloni, annunci frettolosi e opinioni discordanti fra i vari ministri in merito alle misure da prendere. Persino le autorità sanitarie, dall’Oms in giù, non sono state chiare su molti punti. La situazione è già complessa, forse non un clima “di guerra” come si sente dire, anche in questo caso con un po’ troppa enfasi che non fa bene all’umore collettivo, ma comunque di emergenza sanitaria, questo sì. In questo contesto si possono interpretare le parole di Monti: serve più circospezione, una dose maggiore di riflessività prima di lasciarsi andare ad esternazioni. Per evitare che a forza di far confusione emerga, come è già ampiamente accaduto, un senso di incertezza e sfiducia nella popolazione a causa, appunto, di un’informazione troppo contraddittoria. Ma, se possiamo comprendere la “diagnosi” del senatore a vita, non possiamo, tuttavia, condividere la “cura”. All’informazione non serve meno democrazia, tutt’altro: serve, invece, una democrazia più compiuta. Il che significa, a livello politico e istituzionale, fornire indicazioni chiare evitando esternazioni avventate, ipotesi sulle misure da prendere, anticipazioni date prima di aver preso una decisione definitiva e, a livello mediatico, preferire il confronto e il dibattito – aperto, pluralista e portato avanti da figure autorevoli – alla discussione animata, alla demonizzazione periodica di questo o quel punto di vista, alla spettacolarizzazione degli eventi, alla presenza incessante sugli schermi di personaggi spesso tanto divisivi quanto poco competenti in materia. E, in questo elenco di errori mediatici, sarebbe compresa d’ufficio anche l’uscita infelice e superflua di Mario Monti. Non abbiamo certo bisogno di un’informazione meno democratica, piuttosto, di maggiore consapevolezza rispetto a quanto concorre a formare una comunicazione di qualità.