Preoccupano Friuli Venezia Giulia, Valle d’Aosta e la provincia autonoma di Bolzano
Cresce la pressione sul sistema ospedaliero italiano, in una fase pandemica caratterizzata da una forte incertezza dovuta alla variante Omicron (si veda il Primo piano). Dal monitoraggio quotidiano di Agenas, l’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali, emerge che la percentuale di posti occupati nei reparti degli ospedali da parte di pazienti Covid-19 ha raggiunto il 9% a livello nazionale. Ci sono significative differenze territoriali: la quota è cresciuta in sette regioni, in tre delle quali supera il livello d’allerta fissato al 15%. Si tratta del Friuli Venezia Giulia, che arriva al 22%, della Valle d’Aosta e della Provincia autonoma di Bolzano al 18%, della Campania al 9%, dell’Abruzzo, della Provincia autonoma di Trento e del Veneto all′8%. Stabile l’occupazione nelle terapie intensive – il valore in Italia rimane al 7% –, ma in alcune regioni è cresciuto. L’aumento è stato registrato in cinque regioni: al 10% nel Lazio, all′8% nella Pa di Trento, al 7% in Molise e Sardegna, balza all′11% in Umbria. «Stiamo vedendo una crescita dei nuovi casi giornalieri lineare, non esponenziale. In poco più di 5 settimane i casi sono quintuplicati, ma se guardiamo i pazienti ospedalizzati sono poco più che raddoppiati e le terapie intensive non sono neppure raddoppiate. L’impatto a livello ospedaliero viene ammortizzato dalla copertura vaccinale», ha commentato Nino Cartabellotta, presidente della Fondazione Gimbe, su Radio Cusano Campus.