di Francesco Paolo Capone, Segretario Generale Ugl

Si continua a parlare di smart working, stavolta nel settore privato. Una riforma della legge 81/2017 sul lavoro agile per regolamentare una modalità di lavoro utilizzata come mai prima d’ora in Italia a causa della pandemia e destinata, però, ad avere ancora ampio spazio, anche al di là delle esigenze sanitarie. Specie nelle imprese private per le quali questo strumento si è rivelato interessante e conveniente, sia dal punto di vista aziendale che da quello dei lavoratori. Passato lo stato d’emergenza e le condizioni eccezionali che hanno permesso un’applicazione semplificata, servono ora norme chiare a tutela di tutti, dipendenti in primis. Orlando ha presentato una bozza di riforma e l’auspicio è quello della massima condivisione delle proposte e di un dialogo ampio e inclusivo con le parti sociali per arrivare a un protocollo soddisfacente e pienamente attuabile nella realtà concreta dei luoghi di lavoro. Nella proposta del Ministero si prevede un ritorno all’accordo individuale fra datore di lavoro e dipendente per utilizzare il lavoro agile, con adesione volontaria, in modalità permanente o anche per un periodo di tempo determinato. Si dovrebbero stabilire i tempi di presenza in sede richiesti accanto a quelli di lavoro all’esterno dei luoghi di lavoro, con eventuale indicazione anche di ambienti esclusi nei quali non sarebbe possibile operare da remoto. Ad esempio i luoghi pubblici, per garantire riservatezza, ricordando che lo smart working, per definizione, non richiede necessariamente di operare solo da casa in alternativa all’ufficio, come invece presuppone il telelavoro. Ambienti che comunque dovrebbero garantire salute e sicurezza dal momento che anche al dipendente da remoto spettano tutte le tutele contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Poi la questione della strumentazione tecnologica e informatica, che dovrebbe essere fornita dal datore di lavoro, così come gli interventi di manutenzione e la sostituzione se necessario delle apparecchiature. Una questione importante è quella del pari trattamento economico, normativo e nelle progressioni di carriera. Per quanto riguarda, invece, l’orario di lavoro, ci sarebbero delle peculiarità dettate dallo svolgimento da remoto: si avrebbe diritto ugualmente a permessi retribuiti, ferie, giornate di congedo per legge 104, assenza per malattia o infortunio, ma l’orario non sarebbe rigido – con quindi anche il conteggio delle ore di straordinario – come nel lavoro in sede, ma flessibile e legato al risultato, ferma restando la definizione dei tempi di riposo e disconnessione. Poi il divieto di licenziamento nel caso il lavoratore non intenda usufruire del lavoro agile ed un percorso preferenziale verso lo smart working per i dipendenti in condizioni di fragilità o con disabilità. Il ruolo della formazione e la nascita di un Osservatorio bilaterale sul lavoro agile ed infine incentivi per le aziende che che regolamentino il lavoro da remoto con accordo collettivo, rispettando i principi di pari opportunità e sostenibilità sociale. Un quadro più chiaro, da approfondire e perfezionare per un modo di lavorare che avrà una grande rilevanza anche nel prossimo futuro.