di Francesco Paolo Capone Segretario Generale UGL

Dall’avviso ai “naviganti” lanciato ieri dalla presidente della Bce, Christine Lagarde, secondo la quale «l’inflazione si modererà il prossimo anno, ma ci vorrà più tempo di quanto inizialmente previsto», ai dati odierni dell’Istat, che ha dovuto rivedere al rialzo la percentuale di crescita dei prezzi, ciò che appare maggiormente a rischio non è il clima, e neanche nel suo complesso l’ambiente, ma la ripresa. Una circostanza molto grave che complica l’uscita dell’Italia dagli effetti devastanti della pandemia, peraltro ancora lontana dall’essere risolta, e che mette a rischio i conti pubblici, poiché il debito pubblico italiano, pur in rallentamento a settembre, riprenderà la sua escalation, che può essere “compensata” soltanto da una poderosa ripresa economica. Il problema riguarda in primis l’Italia, ma in realtà coinvolge tutta l’Europa. Il nostro Paese è il primo beneficiario, in termini quantitativi, del Next Generation Eu – o come più comunemente viene chiamato del Recovery Plan – ed è per questo che si trova ad essere il vero osservato speciale, data la quantità e la qualità di riforme strutturali e degli investimenti di cui necessita, per alzare la linea di base della crescita, pressoché ferma da almeno 20 anni.

Poiché, come è evidente, in economia tutto si tiene, un altro nodo fondamentale che rischia di complicare ulteriormente la crescita, sebbene da qualche tempo a questa parte sganciato dalla stessa, è il lavoro. Lo ha sottolineato oggi il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, dalla platea di Confesercenti, e vale la pena riportare le sue parole: «La nostra economia appare in forte recupero, tuttavia presenta ancora criticità, incluso l’ambito del lavoro autonomo, particolarmente colpito». Come ben sappiamo da sindacalisti e come evidenziato correttamente dalla stessa Confesercenti, non solo quello autonomo. Il dato illustrato dalla presidente Patrizia De Luise è preoccupante: i lavoratori autonomi sono 356.000 in meno rispetto al pre-covid e c’è anche il paradosso che nel turismo e nei servizi non si trovano professionalità disponibili. Una domanda di 100.000 lavoratori da parte delle imprese non trova risposte. Il balzo dell’inflazione colpisce “equamente” sia la condizione degli autonomi sia dei lavoratori dipendenti, gli uni legati agli altri da un filo solo fino a prima della pandemia quasi invisibile ai più. Perché equamente? Il colpevole della fiammata dell’inflazione è in larga parte il prezzo dei beni energetici, che continua a salire da +20,2% di settembre a +24,9% a ottobre. Si complica così la vita degli italiani e si complica anche quella delle imprese, piccole e medie.

Bisogna assolutamente intervenire, prima che sia troppo tardi.