di Francesco Paolo CaponeSegretario Generale UGL

In un’intervista pubblicata oggi dal quotidiano La Stampa, il ministro del Lavoro Andrea Orlando sostiene che gli scioperi non servono e che sulle pensioni, mettendo insieme anche politiche attive del lavoro e salario minimo, è possibile arrivare ad un patto con i sindacati. Che si può affrontare il tema della previdenza al di fuori del dibattito sterile «”Quota 100 sì, Quota 100 no”», sostenendo che Quota 102 per un anno non è un intervento strutturale, ma necessario per uscire da misure eccezionali, per poi tornare a un sistema contributivo, evitando le rigidità della legge Fornero.

A meno di eventuali ripensamenti, che ovviamente sono sempre possibili, Cgil, Cisl e Uil – uniche sigle sindacali, insieme a Confindustria dal lato datoriale, ad essere ammesse al tavolo di trattativa – non vogliono sentir parlare di misure transitorie, ma di riforma strutturale, e soprattutto rimandano al mittente Quota 102. Non si capisce con tali premesse come si possa arrivare ad un accordo e non è neanche vero che il dibattito si sia impantanato sterilmente su «”Quota 100 sì, Quota 100 no”». L’Ugl, che ha sempre sostenuto e continuerà a sostenere la bontà di quella misura, nel rifiutare Quota 102, ha indicato in Quota 41 (41 anni di contributi con qualsiasi età lavorativa) un’alternativa più accettabile per i lavoratori al superamento della Legge Fornero e per entrare nel sistema contributivo. Obiettivo, a quanto pare, dello stesso del Governo.

Forse il problema principale è saper dialogare, cosa che fino ad oggi sostanzialmente non è accaduta neanche con chi a quel tavolo è stato invitato. Non viene preso in considerazione il fatto che la maggior parte delle sigle sindacali hanno la stessa visione del futuro e lo stesso giudizio su Quota 102. A questo punto viene da dubitare che il futuro, al quale stiamo apparentemente guardando tutti, sia davvero lo stesso.

Tutti, persino la Lega, hanno accettato di non poter più restare nello stesso punto in cui ci troviamo oggi, nessuno vuole un futuro né simile, tanto meno identico, al passato, cioè precipitare dallo scalone della Legge Fornero. O forse il problema è ascoltare o accontentare i sindacati, pena scontentare qualcun altro? Il vero obiettivo, però, dovrebbero essere i lavoratori di oggi e pensionati di domani i quali, a causa di vere carriere lavorative sempre più tardive e più volte interrotte, rischiano di non poter più uscire dal mondo del lavoro o di uscirne troppo tardi e con assegni da fame.

È soltanto evidente, al momento, che né il presente né il futuro sono luoghi desiderabili, tanto meno praticabili. L’unico modo per uscire da questa trattativa distopica è il dialogo, purché sia vero e il più ampio possibile.