Con eventuale fiammata prezzi, a rischio 5,3 milioni di consumi. Questa l’ipotesi del Centro Studi Confcommercio nel caso si verificasse un’eventuale fiammata inflazionistica al 4%, non tanto irrealistica, nel IV trimestre 2021

Da una stima dell’Ufficio Studi Confcommercio sugli effetti di un rialzo dell’inflazione sui consumi delle famiglie nel quarto trimestre 2021, è emerso come scenario una forte riduzione dei consumi delle famiglie e conseguente impatto negativo sugli acquisti di Natale, rallentando inoltre la crescita nel 2022. Nell’ipotesi di un aumento medio dei prezzi del 3% si perderebbero circa 2,7 miliardi di euro di consumi, mentre in quella – non tanto irrealistica – di un’inflazione al 4%, la perdita arriverebbe fino a 5,3 miliardi. In entrambi i casi, quasi i tre quarti della perdita deriverebbero da un’immediata riduzione del potere d’acquisto del reddito disponibile, il resto dall’erosione della ricchezza finanziaria detenuta in forma liquida. Sulla riduzione dei consumi pesa anche l’aumento delle spese obbligate per il rincaro dei prezzi dell’energia, già trasferito sulle bollette di luce e gas. Secondo l’analisi dell’Ufficio Studi, appare piuttosto inverosimile che tali potenziali incrementi dei prezzi non comportino alcuna variazione nelle aspettative delle famiglie e non riducano gli acquisti durante l’importante periodo natalizio. Poiché è possibile ipotizzare una crescita della quota di spesa destinata a spese obbligate, si può immaginare un impatto piuttosto rilevante sui consumi commercializzabili. Per il 2022 la crescita economica sarebbe negativamente influenzata da una minore domanda reale di consumo.